Una volta i più virtuosi gridavano: «L’Africa agli africani». Ma il sindaco di Dakar Khalifa Sall, che parla a nome della rete dell’Uclg (United Cities and Local Governments), va più in là: «Vi dico che nei prossimi anni l’Africa sarà il nuovo motore dello sviluppo mondiale». Purché, aggiunge, si fortifichi la tendenza di dare alle autonomie locali sempre più potere e risorse. Scuote una platea di oltre duemila persone arrivate a Torino per una quattro giorni (che si conclude domani con l’arrivo di Ban Ki-moon) che ha riunito una settantina di sindaci e decine di associazioni, università, fondazioni, reti da 127 Paesi. Venute a discutere di sviluppo economico locale.

E con una notizia che va detta subito e che racconta un funzionario del Programma Onu per lo sviluppo (Undp), ispiratore dell’evento: «Ci sono oltre 2300 partecipanti e ognuno di loro… si è pagato il biglietto». Insomma questa volta, sembra dire, c’è un interesse vero e non un semplice bla bla, timore che sempre aleggia su convegni, seminari, riunioni ad alto livello.

E qui a Torino, per cominciare, a questo Terzo forum mondiale sullo sviluppo locale, il piano alto è poco rappresentato. Ci sono invece i sindaci e gli amministratori locali che si son portati appresso accademici e imprenditori, associazioni della società civile e Ong. Con un focus che si riassume in una parola. Territori. Dove dentro ci sta tutto, trasversalmente: economia, diritti, inclusione ed esclusione, opportunità di lavoro e chilometro zero, sostenibilità, tecnologia, innovazione.

Con la scommessa che dai territori – e dal negoziato coi governi – nasca una nuova consapevolezza che vada ben oltre i trattati (vedi il famigerato Ttip tra Usa e Ue) e i negoziati a porte chiuse tra sherpa governativi che i territori li bazzicano poco e che rischiano di preparare politiche aggressive per multinazionali tentacolari.

Hugo Nuñez Del Prado, ministro boliviano per le autonomie, spiega perché La Paz ha deciso di mandare un ministro: «Vogliamo raccontare al mondo il nostro esperimento che ha visto crescere di cinque volte i trasferimenti dello Stato alle autonomie locali». Del Prado sembra molto soddisfatto di politiche che, in totale controtendenza, fanno della Bolivia una Paese dove non si privatizza ma semmai si nazionalizza. Il segreto? «Da noi una compagnia pubblica non può essere in passivo e il suo attivo viene redistribuito alla popolazione. E infine abbiamo puntato sul nostro mercato interno mentre ci riappropriavamo delle nostre risorse. Abbiamo dato dignità a 36 comunità diverse e fatto una legge che fa della terra, la Madre terra, un soggetto di diritto e non un mero oggetto di sfruttamento».

Storie diverse si accavallano. Anche italiane: che ci fa qui Carlin Petrini, il fondatore si Slow Food? Allarga le braccia: «Rappresento una rete di contadini e qui mi trovo con associazioni, network importanti, ministri che vedo mettere al centro i temi che ci sono cari da sempre e senza abusare del termine “sostenibilità” che oggi viene usato anche dalle multinazionali. Ora si tratta di sollecitare i governi a non considerare eventi come questo dei belletti per rifarsi il trucco ma un’occasione per dare avvio a pratiche virtuose».

Ma le pratiche virtuose hanno bisogno di risorse. E il tema lo tocca Piero Fassino, sindaco della città ospitante (con un’organizzazione impeccabile): «Se si pensa a uno “sviluppo sostenibile” – dice – diventa prioritario come si dislocano le risorse». Ma oggi le risorse agli enti locali (Fassino è anche presidente dell’Anci) sono sempre più striminzite. «Anche la Corte dei conti ha riconosciuto che nessun’altra amministrazione ha sofferto tanto quanto i Comuni. Abbiamo chiesto al governo – dice – di cambiare strada e stiamo negoziando sulla legge di stabilità proprio perché al suo interno vi siano misure coerenti con le politiche sostenibili per le quali gli enti locali sono in prima linea». Il Forum internazionale insomma finisce così a far pressione anche sul governo del Paese ospitante.