Il futuro di numerose popolazioni indigene brasiliane e di vasti territori dell’Amazzonia è legato alla decisione che oggi prenderà il Supremo Tribunale federale.

Il caso in esame riguarda il ricorso presentato dal governo dello stato di Santa Catarina contro la demarcazione della terra Ibirama-Laklano avvenuta nel 2003 e abitata da circa 2mila indigeni delle comunità Xokleng, Guarani e Kaingang. Viene ancora una volta invocata la tesi del marco temporal per chiedere di invalidare l’assegnazione di un territorio ai popoli originari.

Si sostiene che possono essere demarcati solo i territori che i popoli indigeni occupavano il 5 ottobre 1988, al momento della promulgazione della Costituzione.

Una tesi la cui accettazione legittimerebbe le violenze e le espulsioni forzate subite da molte comunità prima del 1988, soprattutto nel ventennio della dittatura militare. Secondo Sonia Guajajara, coordinatrice dell’Apib (Articolazione dei popoli indigeni del Brasile) si tratta di una tesi che «rappresenta un affronto a secoli di lotte e sofferenze delle popolazioni indigene».

Il marco temporal fu invocato la prima volta in occasione del processo di demarcazione della terra indigena Raposa Terra do Sol, nello stato di Roraima. Un contenzioso durato anni che si concluse nel 2009 con la decisione del Stf di assegnare agli indigeni quel territorio che i fazendeiros avevano occupato con la forza negli anni ’70. L

a sentenza non ha scoraggiato l’assalto ai territori e il marco temporal è stato riproposto e inserito anche nel Progetto di legge (Pl 490/2007) che consente nelle aree protette lo svolgimento di attività legate all’agrobusiness, estrazioni minerarie e costruzioni di centrali idroelettriche.

Il Progetto è stato già approvato dalla Commissione costituzione e giustizia della Camera dei deputati presieduta dalla deputata bolsonarista Bia Kicis del Psl. Ora dovrà pronunciarsi il Parlamento.

Ma se il Stf deciderà per l’incostituzionalità del marco temporal, le popolazioni indigene avranno uno strumento importante per difendere i loro territori e rivendicare la ripresa delle assegnazioni delle terre che dopo l’avvento di Bolsonaro sono paralizzate.

La decisione del Stf sarà il punto di riferimento per la gestione di tutte le istanze che riguardano i processi di demarcazione. Brasilia in questi giorni è occupata dai rappresentanti di centinaia di comunità provenienti da tutto il paese, come avvenuto a fine giugno.

Nell’Acampamento «Luta pela Vida», nel rispetto delle misure anti-Covid, sono in corso dibattiti, mostre, proiezioni di audiovisivi, che proseguiranno fino al 28 agosto. Le iniziative si svolgono con la collaborazione dell’Associazione brasiliana di salute collettiva (Abrasco) e della Fondazione Fiocruz, due istituzioni che nella pandemia stanno svolgendo un ruolo importante per la salvaguardia della salute delle popolazioni indigene.

In attesa della sentenza e di fronte allo scenario di minacce che incombono sul paese, la principale iniziativa è una assemblea a cui è stato dato il nome «Os cinco poderes» (I cinque poteri).

Con la partecipazione di rappresentanti della società civile, ambientalisti, difensori dei diritti umani, si intende sviluppare un’analisi sui poteri legislativo, esecutivo, giudiziario, ma anche sui poteri popolare e spirituale. Nel Brasile attuale, dove la vita delle persone e la democrazia sono in serio pericolo, il potere popolare e quello spirituale possono alimentare la speranza di cambiamento.