«Come i banchieri stanno vincendo la guerra per l’Europa, e come possiamo vincere di nuovo». E’ il titolo del seminario a cui ha partecipato lo scorso fine settimana Susan George nell’ambito di Terra Futura. Nel suo intervento la George ha illustrato, dati alla mano, come dallo scoppio della crisi nel 2007 a oggi il sistema bancario e finanziario sia ancora più concentrato e abbia assunto ancora più potere, mentre tutti noi continuiamo a pagare tramite disoccupazione, piani di austerità, perdita di diritti acquisiti. Per ribaltare l’attuale situazione servono subito regole vincolanti (quali la separazione tra banche commerciali e banche di investimento) ma ancora di più serve unire le forze per esercitare una pressione dal basso e fare sentire la nostra voce.

La finanza è solo uno degli ambiti in cui dobbiamo radicalmente cambiare rotta. A Terra Futura si è parlato di ambiente e agricoltura con Vandana Shiva, di crisi sociale con Marco Revelli, di Europa e cultura con Edgar Morin, di democrazia con Nadia Urbinati e di moltissimi altri temi negli oltre 200 appuntamenti tra seminari, workshop e laboratori. Tre giorni che hanno visto la partecipazione di oltre 80.000 visitatori.

L’esperienza di Terra Futura è partita dieci anni fa, dopo il successo e l’enorme partecipazione del primo Social Forum Europeo che si tenne a Firenze nel 2002. L’idea di Terra Futura era semplice quanto innovativa: unire l’analisi teorica all’esperienza pratica, proponendo da un lato incontri, dibattiti e approfondimenti sulle maggiori sfide che ci troviamo ad affrontare, e dall’altro i prodotti e servizi di chi prova a mettere in campo soluzioni concrete. Una «mostra-mercato-laboratorio» delle buone pratiche, dal commercio equo all’agricoltura biologica, dalla finanza etica alle energie rinnovabili, dal software libero al riciclo a moltissimi altri. Esperienze che si stanno rivelando nettamente migliori non solo dal punto di vista ambientale, sociale e della tutela dei diritti umani, ma anche da quello economico, nella creazione di posti di lavoro e nella capacità di resistere e rispondere alle crisi che stiamo vivendo.

Proprio la finanza è forse l’esempio più evidente. Al di là dei disastri provocati, parliamo di un settore che ha raggiunto una dimensione pari a decine di volte l’economia reale, mentre fasce sempre più ampie della popolazione sono escluse dai servizi finanziari e dall’accesso al credito. In altre parole un sistema incredibilmente inefficiente, in quanto necessità di enormi risorse per portare a termine il proprio compito, e altrettante inefficace, non riuscendo nemmeno a realizzare tale compito in maniera accettabile.
Quanto basta perché chiunque dotato di un minimo di raziocinio si impegni per un radicale cambiamento di rotta. Il che significa da un lato introdurre delle normative per chiudere una volta per tutte questo casinò finanziario, dall’altro elaborare e mettere in pratica nuovi modelli. La finanza etica mostra concretamente come operare con la massima trasparenza per finanziare progetti con ricadute positive sull’ambiente e l’insieme della società.

Lo stesso discorso fatto per la finanza si potrebbe ripetere per l’abitare, il cibo, l’abbigliamento, i consumi energetici, la mobilità, la gestione dei rifiuti e in moltissimi altri ambiti. In tutti i casi è dall’impegno dal basso di cittadini, associazioni e campagne che proviene la spinta per un cambiamento e delle soluzioni concrete.

Quando Terra Futura è nata nel 2004 molte di queste esperienze e il mondo dell’altra economia erano visti tutt’al più come delle nicchie considerate con curiosità e sufficienza. Iniziative pittoresche e un po’ stravaganti, ma senza un grande futuro. Oggi la situazione è radicalmente cambiata. Non una, ma multiple crisi: finanziaria, economica, sociale, ambientale, culturale, di democrazia. Probabilmente non ha nemmeno più senso parlare di crisi, un termine che da l’idea di un fenomeno di rottura e di breve durata, mentre ci troviamo a vivere un cambiamento profondo e strutturale dell’intera società.

Dieci anni di Terra Futura hanno contribuito a sperimentare e introdurre nuovi modelli di produzione, commercio, consumo e risparmio. Nel prossimo futuro la sfida è quella di fare rete per metterli in pratica su larga scala. Perché di fronte all’ampiezza e all’urgenza delle sfide che dobbiamo affrontare e di fronte all’incapacità della politica di trovare riposte adeguate, non solo non ha più senso parlare di nicchie, ma non si possono nemmeno più considerare possibili alternative. Sono dei percorsi obbligati, da cui ripartire per la realizzazione della nostra terra futura.