Maledetto sia il latifondo tranne gli occhi delle sue mucche». Così scrive nei suoi diari il vescovo cattolico Pedro Casaldaliga, impegnato da più di 50 anni a fianco dei contadini brasiliani che lottano per un pezzo di terra. In un altro passo afferma che si tratta di «una lotta quotidiana, molte volte anonima, che fa del campo una contesa tra la morte e la vita, tra ingiustizia e liberazione». In questo clima si è consumato nell’aprile del 1996 il massacro di Eldorado dos Carajas, nel Parà, dove 21 lavoratori agricoli furono assassinati dalla polizia. Un episodio che ha segnato la storia del Brasile e che rappresenta un riferimento per tutti i lavoratori agricoli del mondo.

IN BRASILE I CONFLITTI PER LA TERRA sono acuti e rappresentano una costante nella storia del paese. La struttura agraria con una concentrazione di terre tra le più alte al mondo è alla base delle diseguaglianze sociali che attraversano il paese e dei conflitti nei campi. L’ultimo censimento agricolo del 2017 indica che l’1% dei proprietari terrieri controlla quasi il 50% della superficie agricola, mentre i 3 milioni di piccoli proprietari ne detengono l’8%. Il latifondo domina incontrastato e secondo l’INCRA (Istituto nazionale per la riforma agraria) il 72% della sua superficie non viene coltivata, sono quelle terre improduttive che vengono rivendicate dai 4 milioni di famiglie contadine che non hanno accesso alla terra (i «sem terra»).

LA COSTITUZIONE BRASILIANA del 1988 riconosce la funzione sociale della terra e stabilisce l’espropriazione delle aree improduttive per destinarle alla riforma agraria. Ma è un processo che incontra le resistenze dei potenti gruppi agrari in grado di condizionare governo e organi giudiziari. Il Movimento dei lavoratori rurali senza terra (MST), che si è sviluppato alla fine degli anni ’70, nel periodo della dittatura militare, rivendica l’espropriazione delle terre incolte e l’assegnazione a chi le lavora. L’occupazione dei latifondi è diventata una forma di pressione sui vari governi per l’attuazione della riforma agraria. Il MST organizza le lotte per l’occupazione e la distribuzione delle terre incolte, istituisce centri di formazione per l’apprendimento delle tecniche agricole. La prima esperienza risale all’ottobre del 1985, quando 4 mila lavoratori provenienti da 35 municipi e guidati dal MST occuparono la fazenda Annoni nel Rio Grande del Sud, un latifondo di 9 mila ettari: un pezzo di terra per abitarla e coltivarla in cooperazione.

In quegli anni in Brasile si stava affermando un modello agricolo di tipo predatorio e che i movimenti contadini cercavano di arginare, proponendo una diversa concezione agricola, con metodi rispettosi dell’ambiente e della salute. Una contrapposizione che si è accentuata nel tempo e che ha portato alla formazione di due modelli produttivi inconciliabili: l’agricoltura industriale basata sulla monocoltura Ogm e l’agricoltura familiare che impiega tecniche agroecologiche. Due modelli che determinano conseguenze diverse sul piano economico, sociale e ambientale.

IL BRASILE È DIVENTATO IL CENTRO mondiale dell’agrobusiness, un processo favorito dalla struttura agraria e dalle forti sovvenzioni elargite alle produzioni agricole destinate al mercato internazionale. Ma è l’agricoltura familiare a soddisfare le esigenze alimentari del paese, producendo il 70% degli alimenti che arrivano sulle tavole dei brasiliani. Ed è questa agricoltura familiare che è in grado di diversificare le produzioni, garantire la sicurezza alimentare minacciata dagli Ogm, preservare la biodiversità, consentire la difesa delle risorse naturali, tramandare culture e saperi.

IL MOVIMENTO CAMPESINO ha promosso in questi anni la pratica agroecologica per costruire, partendo dalla terra, un nuovo modello di produzione e consumo. In Brasile questo progetto si scontra con le politiche del governo Bolsonaro che hanno portato allo smantellamento di tutti i programmi sociali destinati alla riforma agraria. I movimenti contadini devono fare i conti, inoltre, con la feroce resistenza dei gruppi agrari che, per difendere i loro latifondi, utilizzano «le milizie dei campi», gruppi armati che esercitano una sistematica violenza. La Commissione Pastorale della Terra (CPT) ha documentato in questi anni tutte le forme di violenza che si sono abbattute sui lavoratori dei campi.

DAL 1985 AD OGGI SONO STATE più di 1800 le persone uccise in Brasile nella lotta per l’accesso alla terra: contadini, lavoratori rurali, leader indigeni, sindacalisti, ambientalisti, religiosi. Tutti i soggetti sociali che operano nel campo vivono sotto una minaccia permanente. Nello Stato amazzonico del Parà, dove si registra il maggior numero di assassini per conflitti legati alla terra, un altro massacro di contadini si è consumato nel maggio del 2017 nel municipio di Pau d’Arco. L’intervento della polizia, chiamata a sgomberare la fazenda Santa Lucia, si è concluso con la morte di 11 lavoratori che reclamavano la restituzione della terra da cui erano stati allontanati.

In Brasile la questione della titolarità delle terre è alla base di molti conflitti. In questi decenni i gruppi agrari hanno acquisito con la frode vaste aree attraverso la falsificazione dei titoli di possesso (grilagem).

SECONDO L’INCRA IL 20% DEL TERRITORIO nazionale non ha una titolarità definita e manca una regolarizzazione fondiaria, mentre l’Istituto brasiliano di ricerca ambientale calcola che nel Parà il 60% delle terre non sono registrate o lo sono in modo illegale. Ma queste aree non sono spazi vuoti. Su di esse si sono insediate comunità indigene, quilombolas (discendenti degli schiavi africani), piccoli coltivatori che praticano una agricoltura di sussistenza.

L’ASSEMBLEA LEGISLATIVA DEL PARÀ ha approvato un progetto di legge che legalizza il grilagem, alimentando la violenza nei confronti delle comunità che vivono in queste aree. Ma i contadini e i sem terra continuano a lottare contro il «maledetto latifondo» per estendere le comunità agricole. Nel municipio di Eldorado dos Carajas, a 20 km dal luogo del massacro del 1996, è attivo l’Accampamento Dalcidio Jurandir, costituito nel 2008 da 212 famiglie. E’ un ex latifondo (la fazenda Maria Bonita) che si estende su un’area di 6600 ettari, acquisito in modo illegale dai vecchi proprietari. Le intimidazioni e le vertenze legali portate avanti dai fazendeiros non sono riuscite ad avere la meglio sui contadini. Nell’accampamento si producono col metodo agroecologico 45 tipi di alimenti tra frutta, verdura, legumi, ortaggi, manioca, prodotti dell’allevamento, sufficienti a soddisfare i bisogni alimentari dei 32 mila abitanti del municipio di Eldorado.