Il governatore Vincenzo De Luca martedì scorso aveva definito «inimmaginabili e sorprendenti» i numeri sui tumori in Campania nella fascia d’età da 0 a 19 anni. L’equipe coordinata dal polo pediatrico Santobono-Pausillipon, a partire dal Registro tumori infantili, ha attestato che in Campania, nel periodo 2008-2012, i bambini e gli adolescenti si sono ammalati di tumore con la stessa frequenza che nel resto d’Italia, senza differenze significative tra le province campane.

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Percentuali uguali anche nei 90 comuni della Terra dei fuochi, nel passato interessati dallo sversamento illecito di rifiuti (anche tossici) e dai roghi di immondizia, diminuiti ma non cessati.

Un dato che diverge sia con lo studio dell’Istituto superiore di sanità pubblicato nel 2015, sia con la ricerca effettuata da un gruppo di studiosi italiani e pubblicata lo scorso 11 maggio sull’International Journal of Environmental Research and Public Health.

I numeri diffusi dalla regione dicono che nella popolazione campana fino a 19 anni ci sono stati 1.324 casi tra il 2008 e il 2012. I ricercatori coordinati da Gaetano Rivezzi dell’Isde Campania, che hanno partecipato allo studio sui tumori in età pediatrica e nei giovani adulti Epikit (Epidemiologia del cancro in Italia), hanno invece una cifra differente: sulla base dell’analisi delle Sdo (schede di dimissione ospedaliera), nel periodo 2007-2011 i casi individuati in regione sono 3.465, oltre 2mila in più.

«La discrepanza – spiega Prisco Piscitelli, ricercatore dell’Istituto scientifico biomedico euro mediterraneo che ha partecipato al progetto Epikit – deriva dal fatto che il nostro studio ha analizzato una fonte di dati, le Sdo, diversa dai Registri tumori, che risentono dei limiti di una copertura solo parziale della popolazione, oltre che di ritardi e sfasature tra il momento di pubblicazione e gli anni di riferimento. In Italia i Registri tumori coprono il 50% della popolazione e meno al Sud».

Secondo Piscitelli, la situazione è allarmante: «I tassi standardizzati di ricoveri per tumori pediatrici delle province di Roma e Napoli, con oltre 350 nuovi casi annui, sono pari o inferiori a quelli di piccole province come ad esempio Imperia e Isernia che registrano 20 casi annui. Se, come accade in Campania, una popolazione ha più bambini, aspettarsi più tumori potrebbe avere un senso da un punto di vista statistico, ma non esime dal mettere in campo tutte le strategie per ridurre le esposizioni ai cancerogeni legati allo stile di vita o ambientali, soprattutto in età pediatrica».

Tra la regione e i ricercatori a chi credere?

Antonio Giordano, direttore dello Sbarro Institute della Temple University di Philadelphia, offre la sua chiave di lettura: «I lavori pubblicati sulle riviste di settore subiscono il vaglio del peer review. I dati, quindi, sono controllati da professionisti che non fanno parte dell’equipe del lavoro revisionato. I dati pubblicati dal gruppo di ricerca Epikit sono da ritenersi più accreditati rispetto a quelli comunicati dai politici campani».