È reperibile pressoché ovunque, è traspirante, riciclabile se non miscelata a stabilizzanti chimici, ha anche proprietà antisismiche e si lega bene a calce e fibre naturali. La terra cruda come materiale per l’edilizia è oggetto di un rinnovato interesse, e può rappresentare una valida alternativa naturale e meno energivora rispetto al calcestruzzo.
«La terra cruda sta vivendo un rinascimento da trenta anni circa – ci conferma l’ingegnere Giada Giuffrida, dottoranda in mitigazione del rischio in edilizia. «Soprattutto in Germania – spiega – dove è stata ampiamente adoperata per la ricostruzione negli anni del dopoguerra in mancanza di altri materiali, oggi i tedeschi sono all’avanguardia nel suo utilizzo, perché lì gli standard per il suo uso esistono da tempo».

C’è un problema però. L’utilizzo della terra cruda si scontra con una legislazione non adeguata perché, secondo Giada Giuffrida «la normativa europea sull’efficienza energetica valuta i materiali isolanti in maniera statica, mentre sarebbero opportune analisi dinamiche, che tengano cioè conto di come il materiale si comporta nel tempo».

Poco utilizzata per le strutture portanti perché non esistono miscele predefinite o componenti prefabbricati, cosa che obbliga il progettista ad analisi onerose in termini di composizione del materiale, la terra cruda viene impiegata per pannelli isolanti, acustici e termici, in quanto ha la proprietà di immagazzinare calore e rilasciarlo a posteriori, o per intonaci, per la proprietà traspiranti.

Giada Giuffrida ha studiato le tecniche costruttive in terra cruda anche in Perù, paese sismico costruito al 70% in terra cruda, dove esistono maestranze molto esperte dai cui imparare nuove tecniche edilizie: «L’esperienza è tutto quando si lavora con i materiali naturali: in Perù abbiamo simulato la resistenza al terremoto rinforzando la terra non solo con il legno ma anche con materiali molto poveri come canne palustri, corde o bambù, e i risultati sono stati molto buoni».