Dopo il fallimento del negoziato tra la Thyssen Krupp e i sindacali delle acciaierie di Terni, alla presenza del governo, la protesta non accenna a diminuire e ieri è stato convocato un consiglio comunale straordinario. Il luogo scelto, come a voler sfidare la sorte, non è quello abituale del Comune, ma una sala convegni ricavata da una fabbrica chiusa da diversi decenni; forse un auspicio a non ripeterne le gesta, ma il quadro uscito alla presenza di parlamentari M5S, di Sc e del Pd – i tre eurodeputati de L’Altra Europa con Tsipras hanno inviato un messaggio – delinea una situazione quanto mai confusa.

La proposta del governo, riuscito con un gioco di parole lungo 7 pagine a non prendere posizione, scontenta tutti, sindacati e azienda, evidenziando crepe e spaccature nel Pd. Così, mentre la presidente della Regione Umbria Catiuscia Marini (Pd), che solo pochi giorni fa ha esortato a considerare quella dell’esecutivo come la posizione da cui ripartire, non si presenta, il sindaco di Terni Di Girolamo (pure Pd), duramente contestato durante il suo intervento al punto da richiedere una sospensione del Consiglio, afferma al contrario che il governo deve lavorare a una soluzione che salvaguardi quello che è un sito strategico nazionale.

Nel frattempo la linea dura di Ast non cambia e alle 537 lettere di mobilità previste dal “piano aziendale” si sono aggiunte la messa in libertà di 32 lavoratori protagonisti di uno sciopero ripartito su più turni, con tanto di affissione in bacheca – come a voler mandare un messaggio a tutti gli altri – e la richiesta di un ulteriore ribasso del 20% sugli appalti in essere. «Una richiesta che suona tanto di provocazione – afferma Rampiconi della Cgil di Terni – poiché costringerebbe le ditte dell’indotto industriale a licenziare i lavoratori per non andare fuori mercato e pone un problema di legalità, in quanto il ribasso chiesto dall’azienda, che già in questi anni ha chiesto e ottenuto sugli stessi appalti un taglio del 15%, porrebbe quelle stesse ditte al di fuori dei contratti nazionali».
I sindacati ribadiscono che non si può barattare il salario con l’occupazione come pretende il governo e tornano a chiedere un piano industriale che garantisca presente e futuro di quello che è un sito fondamentale per l’intero Paese, in primis attraverso l’uscita di Thyssen Krupp dalla proprietà del sito ternano. La vendita di Ast non è però cosa semplice e l’Antitrust Ue nel 2012 ha definitivamente messo fuori gioco quello che finora è stato il solo acquirente credibile: la multinazionale finlandese Outokumpu.

Il dubbio ora è che la Thyssen esca comunque dalla produzione di acciai speciali cedendo a Outokumpu gli stabilimenti siderurgici di cui è proprietaria in Germania, come già avvenuto, e i volumi produttivi del sito di Terni, non potendo cedere a Outokumpu lo stabilimento umbro. In questo modo la multinazionale finlandese acquisirebbe comunque la produzione delle acciaierie di Terni, spostandola però nei siti che ha già rilevato dalla Thyssen in Germania. Uno scenario preoccupante, ma che alcuni operai ipotizzano anche alla luce del fatto che da qualche tempo alcuni importanti clienti delle acciaierie hanno smesso di acquistare acciaio da Terni per prenderlo proprio dagli impianti Outokumpu in Germania.

Davanti a tutto ciò il governo, per bocca del sottosegretario alla presidenza del consiglio Graziano del Rio, non ha trovato di meglio da fare che accusare i sindacati di irresponsabilità, in quanto non propensi a firmare la resa, provando persino ad additarli come i responsabili dei futuri licenziamenti.
Domani è convocato il tavolo per la firma della mobilità, ma i sindacati, almeno fino a questo momento, non sono intenzionati a firmare. La storia è tutt’altro che finita.