Sciopero generale. Venerdì prossimo Terni e la sua provincia si fermeranno per l’intera giornata. “In difesa delle acciaierie Ast e dell’occupazione”, sottoscrivono i tre sindacati confederali e tutte le sigle metalmeccaniche, dalla Fiom alla Fismic passando per Fim, Uilm e Ugl. La notizia era attesa. Arriva in chiusura di una giornata in cui duemila studenti, che manifestano per una scuola pubblica e di qualità, non dimenticano di solidarizzare con gli operai delle acciaierie, con cori e striscioni equamente divisi contro Thyssen Krupp e contro il governo. Gli under 19 non sono i soli ad essere in piazza, ci sono anche i lavoratori delle ditte dell’indotto Ast, che sotto la prefettura aspettano di capire che futuro li attende, dopo il diktat aziendale di tagliare del 20% l’importo dei contratti di appalto in corso, dando solo 24 ore di tempo alle imprese per decidere se accettare o venire sostituite.

La comprensibile paura del migliaio di addetti esterni, che lavorano nella gigantesca acciaieria occupandosi delle pulizie, delle manutenzioni, dei trasporti e delle piccole e grandi opere murarie, viene trasmessa al prefetto Gianfelice Bellesini dai loro datori di lavoro. Espliciti nel far presente che in questo modo decine di imprese finiranno in ginocchio, a meno di non entrare nel “lavoro grigio” dove la contrattazione in nero diventa regola. In prefettura ci sono anche le associazioni di categoria, che segnalano ritardi nei pagamenti dei lavori già fatti all’acciaieria, e fanno capire che ci sono difficoltà nel pagamento degli stipendi. Bellesini ascolta tutti e si impegna a far da tramite con Ast. Ma non nasconde che sarà difficile discutere con un management sempre più arroccato sul suo (non) piano industriale. Talmente convinto di metterlo in pratica da aver già cancellato tutti gli accordi aziendali di secondo livello per i suoi 2.700 dipendenti diretti.

A riprova, le notizie che arrivano da via Brin raccontano che l’azienda ha subito “messo in libertà” una trentina di operai, in risposta a una nuova fase di scioperi organizzati reparto per reparto, con stop alternati di due ore per l’intero fine settimana. Di fronte a un clima che a Terni si surriscalda ora dopo ora, alle istituzioni e alle forze politiche basta una rapida lettura dei giornali, in cui si ricorda che Acciai Speciali Terni “pesa” il 20% del pil umbro (senza considerare l’indotto), per avviare una mobilitazione parallela. Per lunedì è convocato un consiglio comunale straordinario e permanente. Il giorno dopo il consiglio regionale umbro avrà solo Ast all’ordine del giorno. Ed è atteso l’intervento della presidente Catiuscia Marini, che già in tempi non sospetti aveva denunciato la completa chiusura aziendale alle proposte sindacali.

Il secco diniego del management Ast e di Thyssen Krupp al cosiddetto “contropiano”, che sinteticamente prevedeva di intervenire non sul lavoro e i volumi produttivi ma su altre voci (come i costi del rottame e i costi dell’energia) per ottenere i 100 milioni di risparmi chiesti dalla multinazionale, porta anche Susanna Camusso a tirare delle elementari conclusioni: “Ci batteremo contro il piano di ridimensionamento di Ast. I lavoratori hanno programmato delle iniziative, noi le sosterremo. E ci auguriamo che il governo, che finora ha fatto da spettatore, intervenga”.

Il governo, per bocca del suo esponente principale, è invece convinto di essersi impegnato allo spasimo: “Nonostante abbiamo fatto di tutto – va a dire Matteo Renzi in tv – la negoziazione non è stata accettata dai sindacati né dall’azienda. Lavoreremo nei prossimi tre mesi prima che accada l’irreparabile”. Come se quanto accaduto da luglio ad oggi, a partire dal (non) piano industriale bocciato dallo stesso governo, non fosse di per sé un disastro. Sia per l’occupazione che per le politiche industriali, in un settore come quello siderurgico dove in tutto il continente solo l’Italia è andata indietro (-11%), in un contesto che nel 2013 è risultato stabile. E con previsioni positive, stimate dall’ufficio studi di Arcelor Mittal in un +4%, per questo 2014.