A poco più di un mese dall’accordo tra sindacati e Thyssen Krupp, alle acciaierie di Terni si torna a respirare aria di tensione, in particolare nell’indotto industriale.

Prima la Ise, ditta che si occupa del trasporto delle scorie ferrose che provengono dalla lavorazione dell’acciaio, ha annunciato il licenziamento di tutti i suoi nove dipendenti per la perdita della commessa proveniente dalla sua unica committente Ilserv, altra azienda dell’indotto Tk Ast. Poi la Sies, manutenzioni dell’area di laminazione a caldo e controllata di un’altra azienda dell’indotto Ast, la Imec, ha fatto lo stesso con quattro dei suoi 12 dipendenti.

Dopo un vertice in prefettura iI licenziamento dei nove lavoratori della Ise è stato sospeso grazie alla proroga del subappalto fino alla fine di febbraio. Tuttavia le preoccupazioni restano e il caso aperto dai nuovi licenziamenti le giustifica pienamente. «Quello che è successo – commenta Alessandro Rampiconi, segretario regionale della Filt Cgil – rischia di costituire la punta di un iceberg».

La Sies giustifica il licenziamento dei quattro operai con la perdita dell’appalto presso un’altra impresa del territorio, ma questa posizione non convince i sindacati. Le segreterie provinciali di Cgil e Cisl, in un comunicato congiunto, criticano l’azienda per «il mancato utilizzo degli ammortizzatori sociali, l’unilateralità delle scelte compiute senza nemmeno una comunicazione alle organizzazioni sindacali e l’indisponibilità a fornire informazioni rispetto alle scelte fatte e ai criteri utilizzati», affermando che «le motivazioni fornite dalla Sies in merito ai licenziamenti non sono credibili» poiché sarebbero dovuti alla «riduzione del cantiere Tk Ast preannunciata in precedenza».

La Thyssen Krupp avrebbe infatti chiesto alle ditte dell’indotto Ast una scontistica del 20%. Una richiesta mai messa nero su bianco – come del resto è accaduto anche per la buonuscita di 60 mila euro che ha convinto circa 400 dipendenti Ast a licenziarsi – ma confermata agli stessi sindacati da alcune aziende ai tavoli ufficiali. La Sies – afferma Raniero Onori della Fiom Cgil – ha annunciato la chiusura entro il mese di febbraio, con il conseguente licenziamento di tutti i suoi 12 dipendenti. Inoltre, dei quattro operai già licenziati, tre lavorano proprio nell’indotto Ast. È chiaro dunque come questi licenziamenti abbiano a che fare con l’abbattimento dei costi chiesto dalla Thyssen».

La situazione è però destinata a peggiorare. L’acciaio prodotto a Terni è ben al di sotto della quota prevista dall’accordo del 3 dicembre (un milione di tonnellate l’anno) e fino al 4 febbraio proseguiranno gli incontri tra le rappresentanze sindacali e la dirigenza aziendale per la riorganizzazione del sito. Il 5 è previsto un faccia a faccia con l’amministratrice delegata Lucia Morselli, per fare il punto della situazione, ma nel frattempo il calo produttivo provocherà una fermata produttiva e rischia di abbattersi su tutto l’indotto, con riduzioni del monte ore complessivo e delle tariffe orarie. Il consorzio manutenzioni dell’area a caldo (Consimec) ha già tagliato circa 20 mila ore, quello dell’area di laminazione a freddo è stato diminuito di sei unità.

Nell’indotto Tk Ast sono numerose le realtà che, pur occupandosi di attività industriali, figurano come ditte artigianali, poiché all’impresa il contratto dell’artigianato costa meno di quello metalmeccanico. Ora, il rischio è che tale “demansionamento” non dichiarato venga attuato da molte altre aziende, costrette a scegliere tra questo e il licenziamento dei lavoratori, con la possibilità che vengano percorse entrambe le strade.