Termini Imerese torna sotto i riflettori mediatici, e lo fa dopo che due appelli sono usciti ieri, in contemporanea, a sostegno della vertenza dei lavoratori del comprensorio ex Fiat. Uno è degli stessi operai, una lettera al presidente del consiglio Enrico Letta, ma anche ai segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, invitati nella cittadina palermitana, dove non sono mai andati davanti ai cancelli dello storico stabilimento. L’altro appello, ugualmente importante e simbolico, è firmato dai parroci della zona: il territorio siciliano basa infatti la sua economia, da oltre 40 anni, sull’industria e sulla Fiat, e la chiusura ha significato impoverimento. «Uscite dalle vostre case e partecipate allo sciopero generale», scrivono i sacerdoti.

Con un comunicato congiunto, rivolto «a tutti gli uomini di buona volontà», i parroci di Termini Imerese sollecitano la mobilitazione, «avendo ascoltato i bisogni di donne e uomini delle nostre comunità, che ormai giunti allo stremo, danno segni evidenti e inquietanti di sofferenza, la quale in questi ultimi giorni è diventata sempre più ingovernabile».

I preti nella lettera ricordano che il giorno dopo la manifestazione, lo sciopero di giovedì organizzato da Fim, Fiom e Uilm, «si svolgerà un incontro a Roma al ministero dello Sviluppo economico che potrebbe essere decisivo per la risoluzione della vicenda Fiat, madre del progressivo dissesto economico della nostra zona: ormai si è alla vigilia del licenziamento dei 1200 operai».

«La crisi che attanaglia il nostro comprensorio è diventata sempre più grave – scrivono ancora i parroci – Noi cristiani siamo chiamati ad agire, a operare per il bene nostro e dei nostri figli. È in gioco il futuro dei nostri paesi, delle nostre famiglie. Non possiamo e non dobbiamo rimanere immobili, senza lavoro non c’è futuro». Alla manifestazione parteciperanno artigiani, commercianti, imprenditori: l’amministrazione comunale ha coinvolto anche le scuole, con delegazioni di studenti in piazza.

«Vi chiediamo di partecipare e di far partecipare le persone che incontrerete – è l’appello finale ai fedeli – certi che il Signore non delude le speranze del popolo che lo invoca con fiducia».

E un sacerdote, l’arciprete di Termini Francesco Anfuso, da anni presente alle manifestazioni operaie firma anche la lettera appello indirizzata dalle tute blu al presidente Letta. La firma anche il sindaco del paese palermitano, e le segreterie di Fim, Fiom e Uilm locali. Ai 1200 lavoratori della ex Fiat la cassa scade a giugno – ricordano – mentre sono già state licenziate 174 persone in Lear corporation e Clerprem.

«Nel dicembre del 2009 il governo prese atto a Palazzo Chigi del piano industriale di Fiat presentato da Sergio Marchionne, nonostante prevedesse la cessazione dell’attività produttiva dello stabilimento di Termini Imerese – si legge nella lettera – La chiusura sarebbe stata affrontata e risolta al tavolo di crisi che venne istituito presso il ministero dello Sviluppo (Mise). A oggi, quattro anni dopo il drammatico annuncio, la soluzione non c’è».

Il 31 gennaio scorso, nella riunione al Mise, continua l’appello, «è emerso un dato preoccupante, la palese ammissione da parte di Invitalia del fallimento del piano di reindustrializzazione dell’area di Termini Imerese avviato nel 2009: non è stato impegnato a oggi un solo euro e non ci sono manifestazioni di interesse esecutive da qui a 36 mesi».

«Il governo da lei guidato – si rivolgono così a Letta i firmatari della lettera – deve chiedere a Fiat di ricercare una missione produttiva per lo stabilimento in seno al comparto dell’automotive». «Questo è possibile – proseguono sindacalisti, arciprete a sindaco – anche perché i lavoratori di Termini Imerese sono a pieno titolo dipendenti di Fiat e della Magneti Marelli e oltretutto gli impianti produttivi siciliani sono funzionanti e pronti alla ripartenza. Il grande processo di fusione con Chrysler può e deve riservare questa opportunità».

Quindi si chiede una soluzione, magari non direttamente dentro la nuova Fiat – la Fca nata dalla fusione con la casa Usa – ma che venga veicolata dal gruppo guidato da Sergio Marchionne.

L’insediamento della fabbrica alle porte di Palermo, stretta tra la montagna e il mare, nel lontano 1970 cambiò il volto di questa terra tutta spiagge e agrumeti. La decisione venne presa qualche anno prima dall’allora factotum, braccio destro degli Agnelli, Vittorio Valletta. E oggi dopo la Fiat resta di crearsi un deserto.