Mette un punto a capo l’interprete napoletana per il suo ritorno al pop, curato e arrangiato insieme al giovane compositore e arrangiatore Francesco Santalucia. Un lavoro in cui trova spazio anche un’apertura a partiture elettroniche, che si mescolano però con il suo consueto ambiente musicale fatto di percussioni, strumenti etnici, chitarre steel. Dieci canzoni robuste in cui – per sua stessa ammissione – parla per la prima volta di se stessa.  In Un soffio di vento  – uno dei pezzi di maggior presa – chiama a cantare anche Ghemon («che come me – spiega – ha voglia di suonare una musica con un grande potere sovversivo»). Gioca con le parole e con le varie declinazioni della parola amore in Tot le chanzòn, brano in cui precipitano dichiarazioni in lingue inventate e perfino la voce di Marlene Dietrich. Ma è il pezzo che intitola l’intero disco, il suo cuore nevralgico: storia di una donna senza più punti di riferimento, non ha fame, né e fantasia. Resta intatto il potere del desiderio. E il cerchio si chiude.