Le tende sono comparse ieri mattina presto, a poca distanza dall’ingresso nella Zona Verde, la fetta di Baghdad iper-fortificata dove hanno sede le istituzioni irachene e le ambasciate. È la forma di protesta scelta dai sostenitori delle milizie sciite, punite dalle parlamentari del 10 ottobre scorso: per la coalizione al-Fatah appena 14 seggi su 329 totali, contro i 48 vinti nel 2018.

Per i partiti nati dalle milizie filo-iraniane, la ragione della sconfitta sono i brogli. Li imputano al vincitore delle elezioni, il religioso sciita Moqtada al-Sadr (73 seggi, 19 in più dell’ultima tornata elettorale).

Mentre al-Sadr sta già sondando altri partiti alla ricerca di una maggioranza, al-Fatah minaccia atti di forza. Un clima affatto sereno, a cui si accompagnano denunce di segno opposto: quelle del partito ezida Pade (di base a Shengal), che accusa il Kdp del clan Barzani di aver ingurgitato i voti ezidi con le minacce e problemi tecnici che hanno impedito a decine di migliaia di persone di votare; e quelle del movimento «Going to Take My Right», nato dalla Rivoluzione di Ottobre, secondo cui alcuni suoi candidati e sostenitori sono stati arrestati a Dhi Qar dopo il voto. Puniti per aver corso.

Ma qualche buona notizia c’è: Imtidad, partito anche questo nato dalla protesta, ha ottenuto 9 seggi nel sud sciita. Insieme a una serie di indipendenti eletti domenica, il movimento popolare ha ora una buona rappresentanza in parlamento: una 50ina di seggi, quasi quattro volte quelli delle milizie sciite che hanno represso le manifestazioni nel sangue.