Ieri pomeriggio la maggior parte delle agenzie di stampa russe parlava di un relativo rafforzamento del rublo (84,5 per un euro), dopo la rovinosa caduta di martedì (100 per un euro), il poderoso (pur se tardivo) aumento del tasso di sconto dal 10,5 al 17% deciso dalla Banca centrale e la vendita di quasi 2 miliardi di dollari. Comunque sia, ragioni per temere il peggio, tra la popolazione ce n’erano.

Già lunedì, a Mosca numerosi bancomat non emettevano contanti e diversi sportelli bancari non erano più in grado di vendere valute estere: il rublo ha registrato la più drastica caduta dal default del 1998. Tra le cause, si indica il momento sbagliato scelto per la libera fluttuazione della moneta. Alcuni analisti osservano come le misure della Banca centrale siano efficaci solo all’interno; mentre il gioco ai danni del rublo sarebbe legato a mosse straniere. Non è dubbio che l’attuale situazione sia legata anche a una ben orchestrata caduta del prezzo del petrolio, alle sanzioni – costate alla Russia, secondo il premier Dmitrij Medvedev, alcune decine di miliardi di dollari, mentre si prevede che oggi ne vengano adottate di ulteriori nei confronti della Crimea – e all’arresto del South stream.

Secondo l’agenzia VTB, persino con il prezzo del petrolio «Urals» a 40 dollari al barile, il cambio giusto è di 62 rubli per un dollaro. Il cambio corrente di 67 corrisponde invece a quotazioni del petrolio di 20-30 dollari al barile. Lo stesso Medvedev ha dichiarato che il rublo non può non reagire alle sanzioni, adottate ieri da Washington anche nei confronti di compagnie petrolifere olandesi e svizzere. Nel corso della riunione degli organi di governo e finanziari, martedì sera, era stato deciso di elevare il rifinanziamento delle banche, e molti istituti propongono ora fino al 15-18% (era il 10-11%) di interesse sui depositi in rubli. Nonostante ciò, la frazione parlamentare del PC ha chiesto un ricambio della direzione della banca centrale, che non sarebbe stata «capace di proteggere la stabilità del rublo». Ma la caduta del rublo e le misure adottate per il suo rafforzamento preoccupano anche produttori e compagnie straniere; alcuni per tutti: Danone, che realizza in Russia l’11% dei suoi introiti; Carlsberg, le cui azioni sono cadute del 18%; e ancora: Imperial Tobacco e British American Tobacco; produttori alimentari e di abbigliamento italiani, e soprattutto BP (detiene il 20% delle azioni di Rosneft) e Shell, preoccupate per le possibili misure di controllo sui loro movimenti di capitale.

Ieri il presidente ucraino Poroshenko, in visita a Varsavia, ha confermato che presenterà presto un progetto di legge sulla rinuncia allo status di paese fuori dai blocchi, insieme a misure per l’adesione alla Nato. Vedremo le reazioni del Ministro degli esteri tedesco Steinmeier, in visita oggi a Kiev e a Mosca, che appena pochi giorni fa aveva escluso categoricamente l’ingresso di Kiev nell’Alleanza atlantica. Intanto l’ex speaker della Duma e fresco di nomina a capo del Consiglio di difesa, Aleksandr Turcinov, ha ammonito i suoi compatrioti a prepararsi a un «esito sanguinoso nel corso di una grande guerra continentale, che inizierà con l’attacco russo all’Ucraina».