Per la seconda volta in tre mesi, il presidente brasiliano Michel Temer è stato graziato dalla Camera dei deputati, che ha respinto anche la nuova richiesta di rinvio a giudizio, stavolta per associazione a delinquere e ostruzione alla giustizia, presentata dalla Procura Generale (dopo la prima denuncia per corruzione passiva di agosto scorso).

UNA VOTAZIONE travagliata, in realtà, nella quale l’opposizione, con l’aiuto di deputati scontenti della maggioranza di governo, è riuscita a far mancare il quorum, costringendo il presidente della Camera Rodrigo Maia a chiudere la sessione e a riaprirla solo in tarda serata. Ricoverato per un problema urologico, mentre si teneva la votazione, e poi rapidamente dimesso, Temer può dirsi dunque salvo – almeno fino alla fine del suo mandato nel 2018, quando la Giustizia potrà decidere di processarlo -, ma non può cantare più di tanto vittoria. Con il suo record di presidente più impopolare degli ultimi 30 anni, l’ex vice di Dilma Rousseff esce indebolito da questa votazione anche al Congresso, avendo perso per strada rispetto ad agosto, malgrado l’intenso “mercato dei voti” denunciato dall’opposizione, consensi importanti: solo 251 voti a suo favore contro 233 contrari (più due astensioni e 25 assenze), rispetto ai 263 contro 227 di tre mesi fa. Dunque molto al di sotto della soglia di 308 deputati necessaria per l’approvazione della sua ambiziosa e rovinosa riforma della Previdenza, considerata dal governo imprescindibile per risanare i conti pubblici. Una riforma che, bocciata da oltre il 90% della popolazione, propone l’innalzamento dell’età pensionabile (a 65 anni) e l’aumento degli anni di contribuzione continuativa (49 anni), in un Paese in cui più della metà della popolazione, lavorando nel settore informale, non potrà mai accumulare i contributi necessari.

«MALGRADO tutti gli sforzi del governo – ha evidenziato il leader del Partito Socialista Brasiliano Julio Delgado -, hanno perso voti. Con questo risultato non riusciranno a far passare la riforma», almeno nella versione più dura proposta da Temer, il quale punta alla sua approvazione alla Camera in novembre e al Senato entro marzo, prima che la campagna elettorale in vista delle presidenziali di ottobre impedisca l’adozione di misure troppo compromettenti.

DI CERTO, DOPO QUESTA votazione, Temer appare lanciato verso la conclusione del suo mandato: non potendo, a causa del bassissimo indice di consensi, aspirare a importanti candidature, chi più di lui, agli occhi delle élites, è libero di adottare le misure più impopolari? Non sorprendono allora le sempre più evidenti divisioni all’interno dello schieramento conservatore, anche in quello che fino a poco tempo fa si presentava come il “monolitico partito dei mass media”, essendosi nel frattempo smarcata dal governo la potente Rede Globo (il principale canale tv del Brasile), che, dopo aver coordinato il golpe contro Dilma Rousseff, ha provveduto a diffondere le conversazioni tra Temer e l’imprenditore della carne Joesley Batista relative ad atti di corruzione e di ostruzione della giustizia, scatenando la nuova crisi politica. La stessa Rete Globo che si avvia a diventare, nelle parole del leader del Movimento dei Senza Terra João Pedro Stédile, «il principale partito della borghesia brasiliana».