Fora Temer? Questa volta potrebbe essere più di uno slogan o del desiderio di quel 71% che si oppone alla riforma delle pensioni e del lavoro voluta dal “presidente de facto” Michel Temer. Il giudice del Tribunale Supremo Federale, Edson Fachin ha aperto un fascicolo per corruzione nell’ambito dell’inchiesta Lava Jato dopo uno scoop di O Globo potrebbe inguaiarlo davvero. E finanche portarlo a far compagnia al suo compare Eduardo Cunha, in carcere per malversazione, conti all’estero, tangenti eccetera.

Entrambi sono stati gli artefici dell’impeachment contro Dilma Rousseff, e ora la stessa sorte potrebbe toccare a Temer. Un audio – registrato da due grandi imprenditori della carne coinvolti nella “mani pulite” brasiliana in cambio della possibilità di espatriare negli Usa – lo coinvolge in un grave atto di corruzione.

I fratelli Joesley e Wesley Batista, parlano con lui di una valigetta contenente 500.000 reais (circa 150.000 euro) che hanno con sé, destinata a comprare il silenzio dell’ex presidente della Camera, Cunha. Altrettanti – dicono – gli arriveranno nei prossimi vent’anni. Prima di andare in galera, Cunha aveva minacciato di mettere in piazza le tonnellate di panni sporchi del sistema politico brasiliano che vede una impressionante quantità di deputati e senatori inquisiti per corruzione se non peggio.

Un altro audio ha rivelato che il senatore Aecio Neves ha chiesto 2 milioni di reales (637.000 euro) per le spese della sua difesa dalle accuse di corruzione. O Globo ha pubbicato alcune fotografie della consegna del denaro del ricatto lo scorso 28 aprile. Gli scatti mostrano il deputato Rodrigo Rocha Loures (Pmdb) con una valigetta contenente il denaro, consegnata a un cugino del senatre, Federico Pacheco de Medeiros, arrestato ieri. Il senatore è stato destituito e indagato, anche se non ancora arrestato. Sospesi anche il deputato Rodrigo Rocha e il giudice Angelo Goulart Villeta.

Lo scoop ha provocato un terremoto politico e il Partito dei lavoratori (Pt), a cui appartengono Dilma Rousseff e Lula da Silva, ha chiesto ufficialmente l’impeachment. Le piazze di Brasilia e di San Paolo, rese sensibili come quelle del resto del paese dallo sciopero generale del 28 aprile contro le riforme di pensioni e lavoro, si sono animate.

Per domenica prossima, il Frentes Brasil Popular e Povo Sem Medo, che comprendono un arco di organizzazioni popolari, avevano organizzato una manifestazione per chiedere elezioni anticipate e dirette. Ma le proteste sono cominciate prima e quella delle elezioni anticipate appare una prospettiva concreta. Temer ha già annunciato che non ha alcuna intenzione di dimettersi e ha gridato al complotto, il suo partito (il Pmdb) ha fatto quadrato, ma la questione è seria e potrebbero aprirsi nuovi scenari. Intanto anche il consenso intorno a lui si sgretola. Due ministri del suo governo, entrambi del Pmdb si sono dimessi, quello delle Città, Bruno Araujo, e quello della Cultura, Roberto Freire.

La scadenza elettorale è prevista per ottobre 2018 e Temer stava brigando per farla rimandare. Ora, però, se viene destituito tramite impeachment, il timone passa al presidente della Camera, Rodrigo Maia che può governare a interim per 90 giorni. Il fatto è che Maia è indagato dal giudice Edson Fachin per il grande scandalo di tangenti ai politici dell’impresa Odebrecht.

Maia avrebbe chiesto denaro per finanziare la sua campagna. Potrebbe quindi essere inabilitato ad assumere l’incarico. Nella stessa situazione si trova il presidente del Senato, Eunicio Oliveira, citato in tre tronconi dell’inchiesta Lava Jato. Se le indagini producono risultati, la Corte suprema potrebbe impedire a entrambi di succedere a Temer. In questo caso, toccherebbe probabilmente a Carmen Lucia Antunes Rocha, presidente del Supremo Tribunale Federale. Rocha dovrebbe convocare le elezioni entro 30 giorni.

L’articolo 81 della Costituzione Federale prevede che se il presidente e il vicepresidente lasciano l’incarico dopo la metà del mandato, l’interim per il restante periodo può essere assicurato da un governante eletto dal Congresso. C’è però da dire che il ruolo del Congresso nella crisi potrebbe essere fortemente compromesso dal discredito che lo investe a causa dell’alto numero di inquisiti per lo scandalo Petrobras (un centinaio).

Si potrebbe, perciò, anche votare un emendamento costituzionale che consenta di anticipare le elezioni. Nel 2015, il Congresso ha approvato una modifica alle norme elettorali secondo la quale, se il vuoto di potere alla presidenza e vicepresidenza avviene quando mancano almeno sei mesi alla scadenza del mandato, si devono indire elezioni dirette. La Corte Suprema ha però impugnato tale modifica, ritenendola incompatibile con la Costituzione. In questo caso, si andrebbe all’elezione indiretta. I candidati verrebbero votati da deputati e senatori nel lasso di tempo previsto dalla legge.

L’ultima volta che in Brasile si è votato in modo indiretto è stato alle presidenziali del 1985, attraverso un collegio elettorale composto da deputati. Allora venne eletto Tancredo Neves con 480 voti contro i 180 di Paulo Salim Maluf.

Ovviamente, l’opposizione preme per l’elezione diretta. Lula è sempre il favorito nei sondaggi e per questo ha denunciato a più riprese di essere vittima di una “persecuzione giudiziaria” per toglierlo di mezzo. Il 10 maggio ha dovuto deporre in un’indagine per corruzione e i suoi legali hanno denunciato, anche all’Onu, ostacoli alla difesa e il diniego dei giudici a considerare testimoni a favore dell’ex presidente.

Ma, questa volta, un ruolo fondamentale potrebbe toccare alla piazza e a quei settori popolari colpiti dalle politiche neoliberiste dell’impopolare Temer, terminale delle grandi imprese multinazionali e delle oligarchie locali.