Salvini la fa da padrone, su Tg e programmi tv (i dati ultimi di Agcom, ripresi da Vincenzo Vita sul manifesto del 13 marzo).Ma come ci siamo arrivati?

E’ un fatto che il leader della Lega ha cominciato a costruire la sua primazia durante l’epoca trionfante del renzismo prendendo esempio dalla comunicazione dell’ex premier e mettendoci del suo.

Il fatto è che Renzi ha significato davvero una rottura rispetto a Berlusconi sul piano mediatico, una cesura netta tra un prima e un dopo nel modo di comunicare. E come ogni iniziatore ha segnato la strada per i successori.

L’otto gennaio del 2015, giorno della strage di Charlie Hebdo, Salvini compare in tv quattro volte in un solo giorno, ad Agorà, Omnibus, Skytg24 e Porta a Porta: comincia quel giorno la sua corsa, e proprio a partire da quel periodo egli inizia a contendere il monopolio del ‘nuovo’ al Matteo più famoso.

Nei successivi due mesi, per esempio, colleziona 73 comparse televisive.

Ma è l’anno dopo, comunque, che Salvini diventa un politico pop, battezzato la sera del 5 marzo da Maria De Filippi ad Amici, così come era successo con Renzi tre anni prima.

Per certificare una sua oramai acclarata onnipresenza basti ricordare, oltre alle continue ospitate nei talk, il nuovo miracolo del 22 marzo 2016 quando compare ancora una volta nella stessa giornata in quattro programmi: a Mattino 5, a Quinta Colonna, a Ballarò e a Porta a Porta.

O sottolineare la presenza, dopo pochi giorni, da Formigli che lo colloca, collegato in esterni, sia all’inizio e che alla fine di Piazza Pulita, per parlare di trivelle lucane e di pensioni.

Si tratta di una bulimia televisiva che aveva avuto fino ad allora proprio nel leader democratico il protagonista assoluto; senza aggiungere che Renzi all’epoca rappresentava, tra l’altro, anche la principale fonte di tweet e di post pubblico-privati utilizzati a fini politici: un altro aspetto che sarà presto ripreso ed imitato dal secondo Matteo.

Detto ciò quali sono le differenze tra i due e perché la comunicazione pop di Salvini sembra funzionare meglio del suo predecessore?

Entrambi debordano su schermi e sul web, entrambi adoperano un certo tasso di arroganza (solo un po’ meno spocchiosa in Salvini), entrambi usano l’abbigliamento come messaggio (la camicia bianca cool per Renzi, le divise zelig per Salvini), entrambi sono vittime del narcisismo dei nuovi media e degli eccessi conseguenti, sia l’uno che l’altro fanno uso di una narrazione altamente emotiva.

Salvini però costruisce i suoi consensi sul retroterra solido della sicurezza e della paura, Renzi invece consuma presto il dividendo garantitogli dalla rottamazione e s’impantana, una volta al governo, nelle infruttuose retoriche referendarie e in un ottimismo a tutti i costi che fa a pugni con la realtà.

Le dicotomie vecchio/nuovo, amico/nemico, sono utili ad entrambi per il successo, ma mentre Salvini non commette l’errore di arruolare nel ‘nemico’ anche un pezzo dei suoi, stando ben attento a non rompere mai del tutto con Berlusconi, Renzi divide volentieri il suo stesso campo.

Se nel linguaggio di questi abbondano le battute e le gag, la velocità nervosa, la mimica tarantolata, la voglia di stupire o un certo lezioso eccesso di figure retoriche, il suo omonimo si mostra più pacato, a volte quasi pacioso, con frasi piane, slogan semplici e pochi giochi di parole.

Perdipiù il suo racconto si mostra coerente nel tempo, una coerenza che è mancata sia a Renzi che ai Cinquestelle nel passare dallo storytelling di opposizione a quello di governo.

Non sappiamo se tutto ciò basterà a Salvini per sottrarre la sua leadership, così imperniata sull’uso massiccio di social e tv, alla volatilità dei media moderni, per i quali la velocità è tutto e la durata è nulla: se costruisci tutto il tuo consenso su di essi, il rischio è di perderlo, il consenso, con la stessa rapidità con cui l’hai acquistato.