Telecom, la rete è blindata
Telefonia Oggi in cdm il decreto per l’applicazione della «golden share». Il pretesto è quello della sicurezza, offerto dal Copasir. Allo studio il cambio della legge sull’Opa
Telefonia Oggi in cdm il decreto per l’applicazione della «golden share». Il pretesto è quello della sicurezza, offerto dal Copasir. Allo studio il cambio della legge sull’Opa
Il mercato, ma fino a un certo punto. Perché il governo sta lavorando per attuare, con più di 380 giorni di ritardo, il decreto 21/2012 attraverso il quale proteggere gli interessi strategici presenti in Telecom. In attesa dell’esito della verifica chiesta ieri da New York dal presidente del Consiglio Enrico Letta, il consiglio dei ministri previsto oggi dovrebbe affrontare i quattro articoli del Decreto del Presidente della Repubblica per «l’individuazione degli attivi strategici nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni».
La cessione del pacchetto di maggioranza di Telco, la holding che controlla il 22,4% d Telecom, agli spagnoli di Telefonica è stato un choc tale da spingere Letta ad abbandonare il fair play da Stato minimo («L’Europa è un mercato libero» ha detto) e mettere mano al regolamento sulla «golden power», cioé i poteri speciali che uno Stato può attivare al fine di tutelare «asset strategici» che non controlla direttamente. La rete telefonica è uno di questi, perché da essa dipendono presunti interessi nazionali legati alle comunicazioni riservate. Il Dpr garantisce questi interessi per «tutti i servizi rientranti negli obblighi del servizio universale», la connettività, la sicurezza, i trasporti. L’ultimo articolo del provvedimento in bozza stabilisce un’ulteriore deroga rispetto alla rigida disciplina liberalizzatrice dell’Unione Europea che minaccia l’Italia di una procedura di infrazione per il mancato adeguamento sull’acquisizione di quote di maggioranza delle socità partecipate.
Uno Stato non potrebbe intervenire sulle operazioni in atto all’interno di un’impresa – come sta accadendo in Telecom – ma in questo caso viene stabilita una «minaccia di un grave pregiudizio sulla sicurezza delle reti e degli impianti».
Il governo stabilisce così la priorità del suo intervento e, in barba al mercato, interviene sullo scorporo delle infrastrutture. Per il sottosegretario all’Economia Giorgetti il governo sta anche lavorando a una modifica della legge sull’offerta pubblica di acquisto (Opa). «Stiamo verificando la possibilità di un atto di indirizzo del Senato» ha confermato il presidente della commissione industria Massimo Mucchetti (Pd). L’attuale normativa stabilisce l’obbligo una volta superata la soglia del 30% del capitale con diritto di voto. Soglia che Telefonica non prevede di superare. Potrebbe farlo l’anno prossimo con la maggioranza in Telco, a condizione di ricevere un parere positivo dall’anti-trust brasiliana che vigila sulla controllata Telecom Tim Brasil. Telefonica resterà però alla quota attuale e non sarà obbligata a lanciare un’Opa.
Il governo ha tempo fino al 31 dicembre per cambiare la normativa, diminuire la soglia sotto il 30%, sperando così di obbligare Telefonica a lanciare l’Opa. In questo caso il rischio di ricorsi e di contenziosi giuridici è molto alto. Quello che sta emergendo è uno stallo nella governance dell’azienda. Ieri Bernabé l’ha paragonato al «Porcellum» che blocca la politica italiana. Il danno maggiore è degli azionisti indipendenti che ieri hanno aderito all’ipotesi di aumento di capitale prospettata da Bernabé. Lo statuto di Telecom (come di Telefonica) li danneggia, a meno di non partecipare in massa all’assemblea dei soci. L’ipotesi di modifica dello statuto viene giudicata improbabile perché avrebbe bisogno del consenso di Telco, quindi degli spagnoli.
L’accordo con Telefonica entrerà in vigore dal 2014, ha spiegato ieri il presidente della Consob Giuseppe Vegas. Il proliferare di iniziative ha permesso di risollevare le sorti dell’azienda in borsa, balzata al 4,11% a 0,59 euro, ma non ha cancellato la drammatica mancanza di visione e industriale denunciata dalla Cgil (Camusso e Landini) e dalle opposizioni. Si rafforza l’idea di una reazione tardiva della dirigenza, mentre cresce l’affanno del governo che mai prima di ieri si era posto il problema dell’infrastruttura. Lo aveva proposto nel 2007 il consigliere di Prodi Angelo Rovati. Il progetto sparì nel nulla.
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