L’inchiesta premilinare israeliana afferma in modo perentorio: era un “terrorista” Raed Zuaiter, il 38enne giudice giordano-palestinese del Tribunale di Amman, ucciso da un agente della sicurezza israeliana due giorni fa al valico di Allenby, fra la Cisgiordania occupata e la Giordania. Zuaiter ne avrebbe combinate di tutti i colori prima di essere ammazzato: si sarebbe avventato contro i militari di guardia al valico non appena sceso dall’autobus; avrebbe urlato (l’immancabile) “Allah è grande” agitando minacciosamente una sbarra di ferro. Non solo. Il giudice sarebbe riuscito ad avventarsi su di un militare per strangolarlo e prendergli l’arma, prima di essere crivellato di colpi. Una furia della natura che nessuna telecamera ha ripreso perchè, guarda un po’ il caso, proprio lunedì il sistema visivo di sorveglianza al valico di Allenby non ha funzionato.

Questa versione è stata respinta seccamente dalle migliaia di palestinesi che ieri hanno preso parte ai funerali di Zuaiter a Nablus, città di origine del giudice ucciso. «Mio figlio non era armato e non aveva mai usato un’arma in vita sua, non dovevano ammazzarlo come un cane», ripeteva ieri tra i singhiozzi Alaa Zuaiter, il padre dell’ucciso, giunto da Amman. Agli Zuaiter di Nablus apparteneva anche Wael Zuaiter, l’intellettuale palestinese amico di Moravia, assassinato dal Mossad nell’ottobre del 1972 a Roma, in rappresaglia per l’uccisione di numerosi atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco in una operazione del gruppo armato “Settembre Nero”.

In Giordania l’assassinio del giudice ha provocato forte sdegno nella popolazione, tanto che anche il governo, legato da una stretta cooperazione di sicurezza con Israele, ha dovuto adottare una posizione di fermezza e chiedere che sia aperta una inchiesta vera sull’accaduto e che siano puniti gli agenti che hanno fatto fuoco contro Zuaiter. Sindacati, partiti e organismi studenteschi chiedono l’interruzione delle relazioni diplomatiche con Israele. Avvocati e giudici del tribunale di Amman ieri hanno interrotto per un’ora la loro attività e scandito slogan anti-israeliani. Cortei studenteschi si sono tenuti in diverse zone della capitale e la polizia ha disperso gruppi di manifestanti che cercavano di avvicinarsi all’ambasciata israeliana. Il clima si è fatto così rovente che il premier israeliano Benyamin Netanyahu è stato costretto ad intervenire per esprimere «rammarico» alle autorità giordane, dopo un serrato scambio di messaggio tra Tel Aviv e Amman. Israele si sente vincolato dagli accordi di pace con la Giordania, ha comunicato l’ufficio di Netanyahu, aggiungendo che l’inchiesta proseguirà in cooperazione con rappresentanti giordani.

Mentre Nablus piangeva Raed Zuaiter, a Beitin, villaggio a poca distanza dal campo profughi di Jalazoon, si sono tenute le esequie di Saji Darwish, studente di 19 anni dell’università di Birzeit ucciso anche lui lunedì dai soldati, perchè con altri ragazzi palestinesi stava tirando sassi alle auto dei coloni nei pressi dell’insediamento israeliano di Bet El. Migliaia di persone, sventolando le bandiere del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp), hanno marciato dalla sua abitazione fino al cimitero. «E’ l’ennesimo omicidio che Israele commette impunemente», ha protestato la parlamentare del Fplp, Khalida Jarrar, ricordando l’uccisione meno di due settimane fa a Bir Zeit del 24enne Moataz Washaha. In meno di 24 ore, i soldati israeliani hanno ucciso cinque palestinesi. Due lunedì e tre ieri a Gaza, con un raid aereo. Erano membri delle “Brigate al Quds”, il braccio armato del Jihad islamico. Si è parlato anche dell’uccisione nei pressi di Tulkarem di un sesto palestinese.