Punto 1. Come e più di ogni altra scelta, quella politica per un’intera comunità deve compiersi a partire dalla conoscenza della realtà. Le decisioni generali che il Governo e il Parlamento devono prendere, riguardanti il comportamento sociale (essenzialmente il distanziamento), ha bisogno della conoscenza scientifica della natura, della trasmissibilità e della vita di un virus nuovo, che solo un gruppo di alti specialisti e di più discipline può avere.
Punto 2. Il gruppo Colao è già di natura diversa, perché ha lavorato su tematiche (relazioni delle catene produttive interne e internazionali, orari delle città, rapporti tra finanza e attività produttive, ecc.) che un politico già dovrebbe conoscere, o comunque un’organizzazione politica dovrebbe avere al proprio interno. Dovrebbe, perché altre formazioni politiche, altri uomini politici hanno ovviamente avuto: te li immagini i Costituenti che assoldano tecnici? O le forze di governo del Centro sinistra degli anni Sessanta che ricorrono a esperti che non fossero già anche uomini e donne politiche? Questo slittamento è avvenuto non perché oggi le cose siano, diciamo, più complicate, ma perché i politici – e le forze che li organizzano – sono esperti solo in comunicazione e, quando va bene, gestione dei rapporti di potere.
Punto 3. La scelta di un comitato scientifico nel settore specifico dell’istruzione è ancor meno comprensibile di quello di Colao, perché esso ha di fronte un campo decisamente più ristretto e omogeneo. Alla fine deve solo decidere come organizzarlo entro le coordinate indicate dai due precedenti comitati tecnici. Qui, vogliamo dire, le conoscenze davvero richieste concernono i diritti dei bambini e dei ragazzi, i diritti dei lavoratori, i bisogni delle famiglie, l’organizzazione della struttura burocratica intermedia, gli spazi fisici, i mezzi informatici, la formazione del personale. Tutte decisioni che hanno a che vedere con l’organizzazione sociale e sindacale. Se una persona di governo non sa fare questo che cosa sa? E per governarlo deve naturalmente confrontarsi con scelte politiche – che dovrebbero derivarle dalla sua parte e organizzazione -, con scelte sindacali e con scelte amministrative. Ma se uno, come dimostra la ministra Azzolina, ha idea che tutti i corpi intermedi (sindacati, forze politiche, associazioni) sono da rifiutare, che le strutture esistenti (Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, dirigenti ministeriali, ecc.) sono antagoniste, non le resta che concepire il governo non come attività politica, ma esclusivamente tecnocratica. Tra il governo di uno Stato e il governo di un’impresa non c’è differenza. Anche per questo il governo diventa comando.