Gli staff delle squadre di calcio aumentano fino a raggiungere proporzioni enormi. Sempre più esperti operano nello staff tecnico, parcellizzano la figura dell’allenatore fino a minare il carisma e la relazione con i giocatori e non sempre i risultati sono garantiti. Ne parliamo con Felice Accame, docente di Teoria della comunicazione al supercorso per allenatori di Coverciano.

Perché staff enormi intorno a una squadra di calcio?

Un paio d’anni fa in occasione di Fiorentina-Roma la squadra giallorossa fece il ritiro a Coverciano, contai uno staff di 77 persone al seguito. Stiamo parlando di una squadra che appartiene al calcio di élite. Per la partita di campionato Sampdoria-Roma, prevista la sera del 9 settembre, poi rinviata a causa del maltempo, la Roma ha chiesto alla Sampdoria trentacinque accrediti per il settore comunicazione stampa, tutto personale interno alla società. Quello della Sampdoria è formato da sei persone, divise tra comunicati stampa, organizzazione di conferenze stampa, gestione del sito internet con la traduzione in diverse lingue, gestione dei social. All’interno del calcio si è avuta un’evoluzione delle professioni, rispondenti a certe funzioni. In passato oltre all’allenatore c’era il suo vice e basta. L’allenatore provvedeva a effettuare la preparazione atletica, nella maggior parte dei casi non aveva la competenza sufficiente e commetteva anche delle sciocchezze, ma quella funzione la svolgeva lui. Oggi lo staff tecnico, a seconda della società, prevede un numero cospicuo di persone, il secondo allenatore, l’allenatore dei portieri, il preparatore atletico, spesso suddiviso in una subfunzione rappresentata da coloro che si occupano del recupero degli infortunati, il match analist, figura costituita anche da più persone, l’addetto a piazzare i giovani calciatori per un anno nei campionati minori o esteri, l’osservatore, uomo di fiducia dell’allenatore, specializzato nel vedere le partite dei prossimi avversari, tutte queste persone fanno parte dello staff, aggiungiamo un team manager per gestire tutto lo staff e per controllare i rapporti con la società e con la squadra. Nello staff tecnico c’è la figura dello specialista nelle battute delle palle ferme, i calci d’angolo e i calci di punizione diretti e indiretti, cui si aggiunge lo specialista dei movimenti del reparto difensivo e lo specialista del reparto di centrocampo, infine quello del reparto offensivo. Ovviamente stiamo parlando di piccole squadre, perché più saliamo di livello e più aumenta lo staff.

Il rapporto dell’allenatore con la squadra ne beneficia?

Se l’allenatore concede allo specialista delle palle ferme a centrocampo una o due ore alla settimana, presto l’esperto si renderà conto che sono poche, pertanto occorrerà ampliare il tempo, se il preparatore dei portieri vede che ci sono dei problemi, chiederà più tempo. Quando l’allenatore concede una delega maggiore, la relazione con la squadra si stempera. Da un punto di vista pscico-sociologico buona parte del risultato di una squadra dipende dal carisma dell’allenatore, queste mediazioni non fanno altro che incrinarlo o comunque diluirlo nella sua efficacia, la figura carismatica viene percepita quando c’è un rapporto diretto, quando è mediato da altre figure rischia di funzionare molto meno.

Ma l’allenatore non ha a che fare con calciatori professionisti?

Siamo sicuri che a validare il rapporto con la squadra sia l’aspetto economico del contratto? Direi di no. Se sono partecipe di un’impresa collettiva, l’elemento determinante ai fini dell’intensità del grado di partecipazione deriva essenzialmente dal contesto in cui mi trovo, dall’ambiente sociale che mi è stato costruito attorno, all’interno del quale ci sarà anche l’aspetto economico, ma ritengo che nessun essere umano ragioni soltanto sull’aspetto economico, non è così che salvaguardi la miglior prestazione del giocatore. La funzione carismatica dell’allenatore consiste nel saper motivare ciascun calciatore, è la qualità del rapporto che fa funzionare una squadra. Il gioco del calcio, quando ha espresso qualcosa di nuovo, di entusiasmante, lo ha fatto in quanto gioco collettivo, si veda l’Olanda di Cruyff o le squadre di Zeman.

Molto si gioca sulla comunicazione?

Ormai le società di calcio sono considerate marchi di comunicazione, che vanno al di là dello stretto bacino d’utenza di un tempo. La Sampdoria ha un bacino ampio nella zona di Londra e in altre zone dell’Inghilterra, grazie a Vialli e Mancini che hanno giocato nel campionato inglese. Se trentacinque persone della Roma si dedicano alla comunicazione del marchio giallorosso e alla Sampdoria hai solo sei persone, vuol dire che nello stesso campionato vi è una disparità tra le società che hanno apparati di comunicazione ipertrofici e società che hanno figure filiformi, artigianali. I siti internet delle società rivelano cospicue differenze nelle capacità comunicative, questo fa sì che scaturiscano nuove professioni, come quelle che gestiscono i siti delle società. Anche presso piccole società, ci sono scuole di calcio che basano la propria attività, il proprio business, sui siti internet, richiamano migliaia di utenti, inseriscono filmati, le fotografie rivisitate da nonni, le zie, parenti in generale.

Prevedi figure nuove negli staff?

Recentemente è stato pubblicato La matematica del gol, di David Sumpter, uno stimato matematico dell’Università di Uppsala in Svezia, quando applica i suoi modelli al gioco del calcio è presumibile che sia l’avanguardia di una nuova professione, che vedremo prossimamente negli staff. Sostiene Sumpter, che la probabilità che venga segnato un gol nei 90 minuti della partita è pari allo 0,0031. Da un punto di vista scientifico è un dato interessante, sul piano calcistico il significato è nullo, poche partite finiscono zero a zero, da quando ci sono i tre punti i gol fioccano. Secondo Sumpter dopo l’analisi matematica condotta sul record di reti segnate da un solo giocatore in un campionato, i 50 gol di Messi nella stagione 2012/2013, un caso simile si verificherà tra 73 anni, ma il velocista Usain Bolt ha anticipato di venti anni quello che gli studiosi avevano previsto sui tempi delle gare di velocità. Il matematico consiglia all’allenatore che voglia conoscere il rapporto di forze tra la propria squadra e quella avversaria di dare un’occhiata alle quote degli allibratori! L’applicazione della scienza matematica allo sviluppo del gioco del calcio è ben lontana dall’essere utile, però il matematico arriverà sicuramente.

Nel campionato italiano ci sono molti calciatori stranieri. Si pone il problema del rispetto delle loro culture?

In un calcio globalizzato in cui perfino la squadra primavera ha una quantità di stranieri che supera quella degli italiani, penso sia importante introdurre la figura di un antropologo culturale. Ci sono sempre più problemi di comunicazione tra le persone, la presenza dell’antropologo dovrebbe analizzare le forme della comunicazione nelle diverse culture. Il fratello di Conte, che lavora al Chelsea, mi diceva che uno dei problemi che ha dovuto affrontare è stato la quantità di strette di mano che i giocatori esigevano dallo staff. Se si sta insieme tutto il giorno ci si dà la mano al mattino e basta, loro esigevano la stretta di mano ogni qualvolta si incontravano, perché rientra nella loro cultura.

Il futuro?

Le funzioni aumentano quando ci si rende conto della complessità di un organismo, è un processo inevitabile perché è legato alla sua valorizzazione. Non dimentichiamo che il calcio muove grandi capitali, e coloro che li investono richiedono sempre maggiori livelli di professionalità. Un allenatore non può ridursi a grancassa della società, una sorta di immagine pubblica, che prende quattrini, ma vede regredire il suo effettivo potere decisionale sulla squadra. L’allenatore può crescere se governa il gioco collettivo, il problema di coordinare undici persone in campo cui si contrappongono altre undici, è un problema di grande complessità di analisie di didattica. Le variabili per le decisioni sono maggiori rispetto al passato e in futuro aumenteranno sempre più.