Doveva essere un presidio dei tecnici del Teatro dell’Opera che solidarizzavano con i 182 artisti licenziati dalla clamorosa decisione del Cda del Teatro che ha esternalizzato sia il coro che l’orchestra. Ieri in piazza Beniamino Gigli a Roma sono arrivati tutti i coristi e gli orchestrali. Durante l’assemblea ci sono state anche contestazioni ai sindacati e alle «divisioni e agli interessi di parte» che avrebbero portato alla situazione attuale. I musicisti sono arrivati con i figli muniti di cartelli («Non rubateci il futuro», «Non uccidete il nostro amore per la musica»). Un altro ha indossato una maglietta con la citazione di Che Guevara su rivoluzione e unità contro le ingiustizie. Angoscia, e rabbia. Durante un intervento c’è chi ha avuto un malore: «Questa decisione ucciderà un teatro, le cui qualità sono riconosciute al livello internazionale». All’ordine del giorno una mobilitazione che non esclude anche atti clamorosi e inediti per la storia del teatro dell’Opera. Tra le richieste ci potrebbe essere quella delle «dimissioni del sindaco di Roma Ignazio Marino, quelle del sovrintendente del Teatro Carlo Fuortes». Non è esclusa nemmeno l’occupazione dell’Opera, modello teatro Valle. La decisione verrà presa domani a Roma alle 13 durante l’assemblea convocata dalle rappresentanze sindacali dei teatri lirici italiani (Fistel Cisl a Uilcom Uil, da Usb a Cgil) a cui parteciperanno anche gli orchestrali e i coristi licenziati. Il licenziamento collettivo potrebbe riguardare presto o tardi anche i tecnici e gli amministrativi del Teatro dell’Opera di Roma (circa 280 persone). Questa consapevolezza è emersa nettamente durante l’assemblea di ieri: «Certo che potrebbe toccare anche a noi – ha detto un tecnico di palcoscenico e delegato sindacale – Quella decisa dal Cda è una sperimentazione in campo nazionale». Nessun diritto, alla faccia di qualsiasi articolo 18.Il ministro dei beni culturali Dario Franceschini ha escluso ogni rapporto con la nota vicenda e cerca di circoscrivere l’incendio alla sola Opera di Roma. Per il sindaco Marino «esternalizzazione non è una brutta parola» e il licenziamento è «una scelta fatta sul merito». Da parte loro lavoratori si sono detti «pronti a tutto» per «scongiurare una decisione criminale nei confronti del teatro, della musica e della cultura».