Migliaia di manifestanti hanno sfilato in tutti gli Stati uniti come parte della Tax March, una manifestazione ipotizzata a gennaio quando Jennifer Taub, docente all’università di legge del Vermont dopo aver partecipato alla Women March di Boston, aveva inviato un tweet suggerendo «una protesta a livello nazionale per chiedere a Trump di mostrarci le sue tasse, il 15 aprile»; contemporaneamente anche lo scrittore Frank Lesser aveva fatto una proposta simile, sempre su twitter, e nel giro di poche ore la proposta è diventata un movimento.

Il discorso è semplice: noi mostriamo la nostra dichiarazione dei redditi a te, è ora che tu la mostri a noi. E la scelta del 15 aprile non è stata casuale, visto che è il giorno tradizionalmente associato alla scadenza per pagare le proprie tasse allo stato.

Trump ha sempre sostenuto che agli americani non interessa la sua dichiarazione dei redditi, per questo non la rende pubblica, e che a chiedere trasparenza sono i «media corrotti» e i «democratici in malafede»: la Tax March ha dimostrato il contrario.

A organizzare la protesta quasi 70 organizzazioni, tra cui Our Revolution, il gruppo che fa capo a Bernie Sanders; il raduno principale a Washington, a mezzogiorno sul prato Ovest del Campidoglio, ha visto affluire gente già dalle 10 del mattino.

Manifestazioni si sono svolte in tutt’America, da Philadelphia a New York, Los Angeles, Chicago, Denver, St Louis, in Alaska, alle Hawaii e anche in città conservatrici come Cleveland, in Ohio.

«Si stanno svegliando anche gli elettori di Trump – dice Cory, arrivato alla manifestazione di Manhattan da upstate New York, la parte più rurale e conservatrice di questo stato democratico – Lo hanno votato perché volevano qualcuno che si occupasse di loro e mettesse gli americani al primo posto, invece lui prima ha cercato di togliergli quel poco di sanità dell’Obamacare, poi ha cominciato a lanciare missili in Siria e ora la crisi con la Corea del Nord. Ma non aveva detto di non volersi occupare di politica estera per concentrarsi su i problemi degli Stati Uniti?».

La manifestazione è incentrata sulle tasse di Trump ma il tema della guerra, del muro con il Messico e i «muslimban», sono sempre presenti.

«La base di Bush era favorevole all’intervento in Afghanistan e in Iraq – aggiunge Fiona, arredatrice 47 enne – la base di Trump non ne vuol sapere niente di guerre con paesi lontani e cominciano a chiedersi perché quest’uomo vuole la mia dichiarazione dei redditi e non mostra la sua? Cosa nasconde?».

«Cosa nasconde» è anche la frase che campeggia sul sito di taxmarch.org e il concetto ripetuto di tutti i politici che han fatto comizi alle manifestazioni.

«Presidente, forse non sente la nostra voce da Mar a Lago – ha detto a Washington Jamie Raskin, della minoranza democratica alla Camera – si vada a leggere la costituzione e poi renda pubbliche quelle maledette tasse».

«Lo scopo di questa protesta è anche quello di far drizzare la colonna vertebrale dei nostri rappresentanti – spiega David Myers, professore di sociologia e scienze politiche al UC Irvine e autore di ‘Politica della Protesta‘ – dà un motivo ai membri del Congresso per ri parlare della dichiarazione dei redditi di Trump, inoltre questo tipo di “troll” tocca Donald Trump, che quasi sempre risponde male e dice qualcosa di stupido».

Questo sembra essere il punto, visto che anche manifestazioni massicce come la marcia delle donne di gennaio, la più grande manifestazione di protesta della storia americana, non toccano l’agenda del presidente.

Già in campagna elettorale il figlio di Donald, Eric, aveva detto che suo padre sarebbe stato sciocco a rendere pubbliche le proprie tasse, e infatti il presidente Trump le tasse ha continuato a tenerle segrete.

Le piazze comunque si riempiono, i cartelli e gli striscioni chiedono che non si facciano guerre, muri, «ban» ma che si presentino le tasse, richieste indirizzate non solo a Trump, in quanto la dichiarazione dei redditi non deve necessariamente provenire da lui. I presidenti del House Ways and Means Committee, l’organo principale che si occupa delle tasse americane e il comitato per la finanza al Senato, possono richiedere al Dipartimento del Tesoro di fornire la sua dichiarazione dei redditi, anche se un tentativo è già fallito.

Legislatori di Hawaii, California, Massachusetts, New York e New Mexico stanno preparando risoluzioni a livello statale per chiedere la dichiarazione dei redditi del presidente, legge già approvata nel New Jersey; un consigliere comunale di New York intende introdurre una legge rivolta a venditori che operano in città e che si applica solo a Trump, a causa di un campo da golf che possiede nel Bronx.