Appena tre partite, la domenica pomeriggio. E il turno di campionato disseminato negli orari più disparati, dal sabato al lunedì sera. Ecco in arrivo il campionato spezzatino di Serie A, il piatto forte della Tavecchio’s Revolution, programma di riforme per rimettere in piedi il calcio italiano annunciato dal neoeletto commissario di Lega – e presidente della federcalcio, doppietta non male per un dirigente digerito a malapena da qualche grande club sino a due anni fa – che ieri a Radio Anch’io ha elencato i punti in cantiere per il suo mandato. Quindi, è ufficiale, campionato sul modello Liga con partite a mezzogiorno, il sabato pomeriggio alle 16, il Monday Night in prima serata. Un format che i tifosi hanno già iniziato ad apprezzare (poco) nelle ultime stagioni.

Ma ora il calendario sarà praticamente tracciato dalle televisioni, dagli interessi economici, dai gruppi industriali che hanno messo l’euro, il dollaro o lo yuan nella Serie A. Con calciatori, allenatori (ma sono pagati tanto anche per reggere il gioco al sistema), soprattutto tifosi che vanno allo stadio – e che per questo motivo ci andranno sempre meno – che devono adeguarsi ai diversi fusi orari, alle leggi non scritte ma mandate a memoria dei club prostrati alle tv che detengono i diritti. Per Tavecchio, un male necessario per il «mantenimento dei costi stellari delle grandi organizzazioni».

Insomma, il recente derby di Milano alle 12.30 di domenica è stato solo un antipasto con salsa agrodolce cinese. Tra gli altri punti della riforma Tavecchio, l’introduzione dal prossimo campionato di A – avverrà anche nel torneo tedesco, la Bundesliga – della tecnologia per aiutare gli arbitri, la Var, come annunciato qualche giorno fa dal designatore capo dei fischietti, Nicchi. Mentre playoff e playout per colorare il finale di torneo sono ipotesi, in ogni caso più probabili della Serie A a 18 squadre, che Tavecchio aveva promesso, nelle vesti di presidente federale.

Con marcia indietro innestata in un battito di ciglia e battimani dei grandi club di A, che l’hanno poi eletto commissario di Lega senza trovare l’accordo con le medio-piccole per la nomina di un nuovo presidente. Meglio affidarsi a Tavecchio, sennò avrebbero dovuto rinunciare a una fetta della torta dei diritti tv..