«Sarebbe importante che tutte le parti facciano sforzi per completarla nei tempi. Come per tutti i progetti della Connecting Europe Facilityse ci sono ritardi nella loro realizzazione questi possono vedere una riduzione dei fondi forniti da Bruxelles». Con queste parole ieri un portavoce della Commissione Europea ha incrinato la tenuta dell’operazione «valutazione costi-benefici» che il governo italiano utilizza per sostenere la rivisitazione completa del progetto Torino-Lione.

Un’invenzione del M5S per delegare una scelta politica a un piano scientifico, utile per prendere tempo, almeno fino a maggio, con l’elettorato di riferimento e l’alleato di governo dichiaratamente favorevole all’opera.
L’Unione Europea quindi ignora il cronoprogramma del ministro Toninelli, accettato dalla ministra francese Elisabeth Borne, secondo cui dopo la valutazione ci sarà una successiva valutazione da parte di “esperti internazionali” e, al contempo, chiede di mantenere inalterati i fondi europei.

Soluzione che implicitamente dà già il via libera al Tav, con la improbabile speranza che la Lega, il governo francese e la Commissione Europea – quella post elezioni di primavera che i 5Stelle auspicano più sensibile – possa accettare che il futuribile tunnel di base sia sostituito con l’ammodernamento della linea storica.

Fantascenari minati ieri dalla Commissione Europea.
Dichiarava il ministro delle infrastrutture dopo l’incontro con l’omologa francese: «Ora, grazie a questo risultato, non verrà pubblicato alcun bando relativo alla costruzione del tunnel di base, almeno fino a quando non avremo concluso tutte le valutazioni sul progetto oggi sul tavolo».

Dall’Unione Europea giunge invece, dopo appena due giorni, un ultimatum: se l’Italia e la Francia vogliono incassare i denari della Unione Europea devono andare avanti con la progettazione e la realizzazione del tunnel di base.
La soluzione ideata dal ministro Toninelli è quindi indebolita: ora si dovrà vedere se le prossime gare d’appalto di Telt verranno sbloccate. Ovvero l’esatto opposto di cosa chiede il movimento Notav, nonché la componente politica torinese e piemontese del M5S.

Ha avuto quindi gioco facile il Commissario straordinario di Governo, Paolo Foietta, nel denunciare la perdita, qualora gli appalti non fossero sbloccati, di circa 75 milioni di euro annui. Ovviamente non si tratta di penali. Il commissario Foietta appare rafforzato nel suo ruolo: il voto del consiglio comunale di Torino chiedeva al governo, oltre al blocco dei cantieri, che venisse rimosso. L’architetto torinese è invece sempre più saldo e attacca il governo e il ministro: «Non c’è nessun atto – dice – che blocchi l’opera, ad ora, solo parole in libertà. Ci sono invece gli impegni presi per gli appalti. Ogni decisione è legittima ma va presa con atti nelle sedi opportune, non con discussioni in segrete stanze dove tutti la pensano allo stesso modo, sulla base di pregiudizi».

A Torino intanto l’assedio alla sindaca Appendino, e alla sua maggioranza, arriva da tutti i lati. «Le associazioni d’impresa, dei lavoratori di categoria, della cooperazione e degli ordini professionali hanno preso atto di una richiesta informale pervenuta dall’amministrazione comunale di Torino e di un orientamento simile del Ministero per lo Sviluppo Economico, circa un incontro per avviare un dialogo. In attesa di convocazioni formali, ad oggi non ancora pervenute, le stesse associazioni affermano che quella del governo è l’unica sede di confronto nella quale discutere della Tav sulla base di dati certi e incontrovertibili»: questa la dichiarazione con cui impresa e sindacato rifiutano, come le sette donne organizzatrici della manifestazione di sabato scorso, di incontrare Chiara Appendino.

Chiedono invece di incontrare il Presidente della Repubblica e il governo.
Sullo sfondo si staglia la prospettiva di un’accelerazione della “resa dei conti” nel governo, che a questo punto potrebbe dare il via libera politico a Telt , magari su lavori minori, se non vuole perdere i finanziamenti europei. A settembre il ministro Toninelli aveva bollato questa prospettiva come «atto ostile», intimandone il blocco.