Puntuale, il cda Telt, riunito in videoconferenza tra Roma e Parigi, ha sbloccato i bandi di gara per le due tratte francesi della Tav: 2,3 miliardi di euro. La pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale francese, entro due giorni, coronerà l’avvio del passo determinante. La prima fase, quella degli Avis de marché, durerà sei mesi, nei quali verranno selezionate le aziende considerate più interessanti tra quella che si candideranno.

A quel punto partiranno i capitolati di gara ma solo se i governi francese e italiano daranno il via libera. E’ l’unica differenza rispetto alla procedura normale, nella quale i capitolati dopo sei mesi sono considerati automatici. Non è una novità dell’ultima ora, anche se il governo italiano la ha fatta passare come tale. La disponibilità a garantire la possibilità del passo indietro senza penali era stata già offerta da Telt nel carteggio con il presidente del consiglio Conte precedente al finto colpo di scena di sabato scorso.

LA RAPIDITÀ CON LA QUALE il governo francese, con una nota della ministra dei Trasporti Elisabeth Borne, si è detto disponibile a una «discussione tra i partner» induce il sospetto che l’intera manovra fosse stata studiata e preparata sin nei particolari. Insieme all’apertura francese arriva però anche, in perfetta sintonia, il monito europeo: «La pubblicazione degli Avis de marché è un primo passo necessario». In caso di ulteriori «ritardi di qualunque natura» i fondi Ue «dovranno essere ridotti». Tempo sì, ma non oltre la scadenza dei sei mesi. Il commissario Ue Pierre Moscovici sottolinea la posizione della commissione: «E’ un grande progetto strutturale, importante per l’Unione europea, la Francia e l’Italia. Spero che gli amici italiani restino impegnati».

GLI AMICI ITALIANI, per il momento, si abbandonano a una versione casareccia di Rashomon. I governanti plaudono e festeggiano con uguale entusiasmo, ma sulla base di interpretazioni opposte. «Il cda Telt ha approvato i bandi: la Tav si farà», esulta Salvini in conferenza stampa. Il sottosegretario pentastellato Manlio Di Stefano lo aveva anticipato con altrettanto tripudio in diretta tv: «La Tav non si farà. E’ evidente». I 5 Stelle dichiarano in coro e la versione è unanime: «Bandi rinviati senza penale, una grande vittoria», Tav condannata.

Aggiungono una stilettata parlando di probabili divisioni interne alla Lega, con Salvini da una parte e dall’altra esponenti come Giancarlo Giorgetti, Luca Zaia e Massimo Garavaglia che userebbero la Tav per far saltare un governo che certo non amano. L’insofferenza dell’area leghista indicata dai 5S è reale. La contrapposizione con Salvini sul Tav invece no.

IL DILUVIO DI COMMENTI delle opposizioni confonde ulteriormente il caotico quadro, perché quasi tutti scelgono di vedere le cose come utilità propagandistica suggerisce. Dunque evidenziano una resa della Lega che è in realtà fantasiosa mentre i No Tav da sempre, come la capogruppo di LeU Loredana De Petris, segnalano, all’opposto, il sostanziale passo avanti sulla strada della tratta. Il governatore piemontese Chiamparino, che con le elezioni alle porte ha un motivo in più per incalzare il leghista, chiederà oggi formalmente proprio al ministro degli Interni di fissare per il 26 maggio, insieme alle elezioni, il referendum regionale.

LA VERITÀ SI AVVICINA certamente più alla interpretazione della Lega che a quella del Movimento 5 Stelle. L’ipoteca sulla prosecuzione dei lavori è quasi insormontabile, dal momento che per bloccare i capitolati ci vorrebbe un voto del Parlamento al momento inimmaginabile. Ma anche Luigi Di Maio ha i suoi motivi di soddisfazione perché l’ultima parola non è stata detta e c’è ancora tempo.

TEMPO PER COSA? L’opinione generale è che la boccata d’ossigeno serva solo a superare le elezioni europee per poi arrivare a uno showdown inevitabile. In realtà non è affatto detto che l’obiettivo di Salvini, Conte e Di Maio sia questo. La sceneggiata di sabato i tre la hanno preparata insieme, anche se non nei particolari. Le trattative con Francia e Ue sono già avviate da un pezzo. Tutto lascia pensare che al momento decisivo, se l’Italia avrà ottenuto condizioni migliori, in particolare un progetto ridimensionato e una diversa ripartizione delle spese, si potrà dire che grazie agli sforzi coraggiosi del governo unito il calcolo costi-benefici è diventato accettabile.

Conte, a cui questa sceneggiatura assegna il ruolo centrale, ha già iniziato a preparare il terreno. In una nota ufficiale conferma: «La Tav dovrà essere integralmente ridiscussa». «Se partisse oggi senza accordi internazionali non la faremmo», aveva detto qualche ora prima. Ma gli accordi internazionali, appunto, ci sono.