Un vicepremier qui, in divisa e gilet, un altro là, a centinaia di chilometri dal cantiere Tav, in Transatlantico. Ma è quest’ultimo, il pentastellato Luigi Di Maio il più in difficoltà. Lo stop alla Torino-Lione, uno dei cardini del Movimento 5 Stelle, sbandierato prima e durante la campagna elettorale, viene osteggiato dall’alleato leghista. E non viene in soccorso ai 5 stelle il decantato contratto di governo che con uno sfumato «ci impegniamo a ridiscuterne integralmente il progetto nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia» è tutto fuorché lapidario. Come non sarà risolutiva nemmeno l’analisi costi-benefici, la cui pubblicazione viene posticipata di settimana in settimana (ora, è attesa per metà mese). La scelta è politica.

Ieri, Di Maio, mentre il collega Salvini era in Val di Susa, ha ribadito che non è andato né andrà a Chiomonte perché «lì non è stato scavato ancora un solo centimetro, c’è solo un tunnel geognostico, non è un’opera incompiuta ma una mai iniziata», definendo così il ritornello ripetuto, per tutta la giornata, dai parlamentari del suo partito. «La spesa del Tav – ha aggiunto – può essere benissimo dirottata sulla metropolitana di Torino o sull’autostrada Asti-Cuneo. Lasciamo i soldi a quel territorio ma investiamoli per cose prioritarie».

Sull’ipotesi referendum, caldeggiata dalla Lega, è intervenuto, invece, Riccardo Fraccaro, il pentastellato ministro per i rapporti con il Parlamento: «Non siamo affatto contrari, se i cittadini chiedono un referendum ben venga. Ma è uno strumento che parte dal basso, non può essere calato dall’alto. Con il governo del cambiamento vogliamo rimettere al centro i cittadini».

Il nervosismo tra le due compagini di governo si vive anche nei territori. Valentina Sganga, capogruppo M5S al Comune di Torino dichiara: «Salvini dice che tornare indietro costa come andare avanti, ma sbaglia. Ha cifre falsate, diffuse solo per creare confusione. La cassa di risonanza che il ministro offre a questi propagatori di fake news mette a rischio la tenuta di un governo che su altri temi sta facendo bene». Definisce la visita del ministro dell’Interno «un’inutile provocazione», «il progetto non va solo rivisto ma cancellato». Ma Salvini, dal canto suo, seppur consideri il rapporto tra Lega e M5S «positivo e costruttivo» non arretra: «Il tunnel c’è e non stiamo parlando di un campo di grano. L’Italia non può permettersi di restare isolata rispetto al resto d’Europa, se ci togliamo questa possibilità di collegamento diretto rischiamo di perdere un’ulteriore crescita del Pil e di export».

È andato a vedere «solo un buco», non il vero tunnel che non c’è. Ripetono più o meno in coro i pentastellati. «Basta chiacchiere inutili su un’opera inutile, che non si farà» prova a chiuderla Manlio Di Stefano, M5S, sottosegretario agli Esteri. Il capogruppo grillino al Senato, Stefano Patuanelli, vede però nell’ultima vicenda un aspetto positivo: «Ci confortano le parole del ministro Salvini, che in visita a Chiomonte ha detto ’i Cinque stelle hanno ragione, il progetto è partito probabilmente sovrastimato’, gli consigliamo, però, di togliere il ’probabilmente’».

Le deputate e i deputati M5S della commissione Ambiente, infine, sottolineano: «L’Italia deve diventare un grande cantiere diffuso per realizzare ferrovie, puntare sul trasporto pubblico e sul miglioramento della qualità della vita dei pendolari, mettere in sicurezza il territorio e raccogliere le sfide di un futuro sostenibile.

Dobbiamo avere l’alta capacità di fare opere utili: la Torino-Lione non è tra queste, perché non risponde alle esigenze dei cittadini piemontesi, né a quelle del Paese, dal momento che l’opera è stata progettata su previsioni di traffico merci sballate. Quella tratta è morta prima della partenza».
Non la pensa così, ovviamente, il governatore del Piemonte, il dem Sergio Chiamparino, che non fa giri di parole: «Chi dice no alla Tav è un traditore della storia, della cultura e del futuro del Piemonte».