A differenza di altre nazioni non riconosco periferie all’ Italia, perché brulica invece di piccoli centri. Nella nostra storia ogni tanto ne emerge qualcuno per qualche buona ragione. Riace è uno di questi, il sindaco in esilio forzato invece di scomparire si è allargato a sindaco dell’Italia coraggiosa e possibile.

La Valle di Susa è da due generazioni il centro esemplare della coscienza civile di una comunità irriducibile alla sottomissione. Contro lo stupro del loro territorio in nome di una ferrovia balorda in partenza, ne ha impedito la realizzazione da circa trent’anni.

La linea Torino Lyon coi suoi 57 chilometri di galleria ancora inesistente è diventata grazie alla lotta della Valle di Susa la più grottesca opera pubblica d’Italia. Nel corso dei decenni ha accumulato anche il patetico calendario di dozzine di ministri e capi di governo che esclamavano la loro intenzione di eseguirla. La linea Torino Lyon non è solo a chilometro zero: è a centimetro zero.

Nel corso di questi anni ho detto a voce e messo per iscritto che quella ferrovia di fasulla alta velocità andava sabotata. Facevo e continuo a fare una constatazione: la Valle di Susa con la sua massa popolare unanime e civile ha intralciato, ostacolato, subissato di ragioni contrarie quell’opera corrotta e losca, quanto oscena per lo spargimento delle sue polveri di amianto.

Dunque la Valle di Susa a tutt’oggi è riuscita a sabotarne la maledizione, trascinandola verso il capolinea del ridicolo.

A Torino sabato in mezzo alla carreggiata sfila il popolo che ha spuntato le forbici alle pompose autorità che da trent’anni vorrebbero tagliare il nastro inaugurale.

È il caso di essere lieti e insolenti. La piazza di sabato è il fragoroso pernacchio a tutti i governi strilloni di un’opera strategica e utile come la sella a un pesce.