La mozione anti Tav che Di Maio aveva inventato per ripulire la coscienza del Movimento dopo l’annuncio di Conte che la Torino-Lione si farà è un documento del tutto inutile. Non solo perché il governo ha già confermato in Europa che sosterrà la prosecuzione dell’opera, ma anche perché la mozione escogitata dai 5 Stelle «impegna» il parlamento e non il governo: è pura distrazione. Eppure le cosiddette opposizioni, il Pd e Forza Italia, devono fare finta di prendere la mozione dannatamente sul serio, altrimenti rischierebbero di far cadere il governo. E non vogliono.

Spiega infatti il presidente dei senatori Pd Marcucci – e hanno spiegato diversi esponenti renziani nella riunione del gruppo ieri mattina – che «il Pd avrà una posizione coerente con quanto ha fatto in questi anni. Voteremo per la Tav e contro chi vuole continuare a bloccare le grandi opere pubbliche». È quanto i dem hanno scritto nella loro mozione (una delle quattro pro Tav, assieme a quelle di Forza Italia, Fratelli d’Italia e +Europa) che infatti la Lega finirà col votare, almeno se la parte dispositiva sarà separato dalla premessa critica con il governo. Ma il Pd non accetta di confondere i suoi voti con quelli dei 5 Stelle e non sceglie neanche un atteggiamento tattico, come l’astensione o la non partecipazione al voto. Così solo i senatori di Leu voteranno la mozione 5 Stelle – che non ricambieranno il favore, sostenendo il documento ben più impegnativo sottoscritto dai senatori della sinistra nonché da un paio di grillini.

Il motivo di questa intransigenza del Pd ha poco a che vedere con la Torino Lione e molto con la paura che la crisi di governo auspicata a parole possa seriamente materializzarsi. Infatti se le «opposizioni» lasciassero sola la maggioranza, alla Lega (58 voti) non basterebbe l’appoggio dei leghisti di complemento (18 voti di Fdi) per battere i 5 Stelle (107 voti) e la mozione anti Tav passerebbe. Effetti pratici zero, ma Salvini non potrebbe più ritardare l’apertura della crisi. Lo ha fatto notare ieri anche Carlo Calenda, subito rimbrottato da qualche ultras renziano. L’argomento che ha consentito all’assemblea dei senatori Pd di tenere assieme quei pochi zingarettiani che chiedevano di non perdere l’occasione per mettere in difficoltà il governo e quei molti renziani che più degli altri temono un ritorno rapido al voto è stato che senza un’analoga astensione o non partecipazione al voto di Forza Italia (62 voti) a nulla sarebbe servita la mossa tattica del Pd (51 voti).
«Comincia tu», «no va avanti tu» e i 5 Stelle potranno continuare a spacciarsi come no Tav, senza mettere troppo in difficoltà Conte. Per parte Pd in nome di una «coerenza» con le precedenti posizioni che non era valsa appena un mese fa, quando i deputati si astennero nel voto sulle missioni in Libia. Non perché contrari ma perché «non rassicurati» dall’atteggiamento del governo. Che ora i dem si sentano rassicurati da Salvini sul Tav? Sempre che il ministro non decida di aprire ugualmente la crisi, vanificando l’aiuto delle «opposizioni».