«Sono entrato in questo ministero e vi confesso – scrive il ministro – che su molte infrastrutture mi son trovato a mettere le mani in un verminaio di sprechi, connivenze corruttive, appalti pilotati, varianti in corso d’opera che hanno fatto esplodere i costi negli anni. È difficile raddrizzare la barra, ma dobbiamo farlo. Lo dobbiamo ai nostri concittadini e soprattutto alle generazioni future».

Il ministro successivamente passa agli ordini: «Rifarsi al Contratto di governo significa voler ridiscutere integralmente l’infrastruttura in applicazione dell’accordo con la Francia. Senza preclusioni ideologiche, ma senza subire il ricatto che ci piove in testa e che scaturisce dalle scandalose scelte precedenti. È questo il principio in base al quale stiamo lavorando. Ecco perché adesso nessuno deve azzardarsi a firmare nulla ai fini dell’avanzamento dell’opera. Lo considereremmo come un atto ostile».

Di fatto i lavori, quanto meno sul versanti italiano da ieri sono ufficialmente bloccati.
Non solo: il ministro, come si legge, ha chiamato in causa anche la Francia, fiducioso che i dubbi espressi in passato proprio da Macron possano dare una sponda politica internazionale. Ma Toninelli dovrebbe sapere che su Macron, per ragioni politiche, non può fare affidamento: il presidente francese non crede alla Torino – Lione ma non vuole aiutare il governo italiano.

La dura presa di posizione del titolare del dicastero delle infrastrutture giunge dopo che lunedì, lo stesso ministro, aveva fatto infuriare il movimento Notav, e buona parte del suo partito, in virtù di un’intervista rilasciata a Radio uno in cui sosteneva: «La Tav è un’opera che abbiamo ereditato; quando è nata, se ci fosse stato il M5S al governo, non sarebbe mai stata concepita in questa maniera, così impattante, così costosa. Il nostro obiettivo – aggiungeva – sarà quello di migliorarla, così come scritto nel contratto di governo. Non vogliamo fare nessun tipo di danno economico all’Italia ma vogliamo migliorare un’opera che è nata molto male».

Il verbo “migliorare” associato a “Tav” in val Susa ha effetti dirompenti, così dal movimento Notav partiva un pesante attacco al ministro e al suo partito.

Apriva il fuoco, ieri mattina, il sito ufficiale del movimento Notav: «Niente di nuovo per quello che ci riguarda, le solite dichiarazioni di un ministro qualunque, come tutti quelli che abbiamo già visto passare, che se non sono stati fan espliciti dell’opera, hanno iniziato a insinuare qualche revisione, qualche miglioria, qualche innovazione (ci ricordiamo Pecoraro Scanio e Antonio Di Pietro per citarne due a caso)».

Le parole di Toninelli provocavano un terremoto all’interno di una comunità coesa ma che fatica a riconoscere coloro che hanno eletto – il M5s in val Susa non scende sotto il 40% – perché troppo timidi rispetto allo strapotere leghista e confindustriale.

Per l’intera giornata si susseguivano le pressioni politiche sul ministro che, nel primo pomeriggio ribaltava la visione pragmatica del giorno precedente.
Questo anche in virtù delle pressioni del gruppo regionale del M5S che, a una anno dal voto regionale, è consapevole che senza il bacino elettorale della val Susa non si vince.

I nervi rimangono comunque tesi tra movimento Notav e governo, anche in virtù di una ondata repressiva che si è abbattuta la scorsa settimana, costata diversi fermi e denunce. Andrea Bonadonna, direttore artistico del Festival dell’Alta Felicità, che si aprirà a Venaus venerdì prossimo, è tuttora in stato di arresto per ipotesi di reato afferenti al primo maggio 2017.