Il cinema italiano e tutti i suoi apparati critici, istituzionali, produttivi e creativi dovrebbero essere grati a Tatti Sanguineti; questa singolare figura di critico, storico e organizzatore tra i più sorvegliati, generosi e geniali del cinema italiano che da più di 40 anni sperimenta inediti percorsi intellettuali: affermato autore televisivo, attore dell’estremo Monicelli, figura virgiliana per il Belluscone “maudit” di Franco Maresco, già sodale di Walter Chiari, regista per Andreotti e indietro nel tempo chi rammenta più la sua apparizione scandalosa tra i “moschettieri” di Cinegramma a Bologna o in un Pesaro ‘74 affamato di capire cos’era il cinema italiano prima del neorealismo o un pugno d’anni più tardi malcapitato protagonista degli schiaffoni mollati da Moretti in “Sogni d’oro”? E oggi Sanguineti, con molti più anni sul groppone e “di studio” come dice, ha licenziato dopo una serie di avvicinamenti, partiti ad inizio “anni zero”, uno dei più bei libri di cinema (ma è un ricciolo non potabile da consegnare alle classificazioni bibliotecarie), dell’ultimo ventennio: Il cervello di Alberto Sordi. Rodolfo Sonego e il suo cinema (Adelphi, 2015, pp.588 euro 26). Dunque: un libro per tappe. Quella di mezzo, il ritrovamento del “Diario Australiano” dello sceneggiatore, è il ponticello su quale il nostro si lancia in uno strappo che muta la sua ricerca sul cinema di Sonego in un esercizio alto di scrittura, in cui l’indagine critica si fa saggio-romanzo e la narrazione si fa avventura, picarescamente cialtrona e allo stesso tempo elegantemente intellettuale. Scomodando un filone che di tanto in tanto riaffiora dalle caverne delle lettere italiane, la autobiografia per procura. Qui doppia e vincolata a quella di Sordi sia per Sonego sia per lo stesso Sanguineti (eppure tra Sordi e Sonego lo scambio biografico avviene solo da una prospettiva professionale, mai confidenziale). Anche perché la stessa materia del libro sembra dettare principi e regole d’ingaggio. Se ab inizio c’è un libro – intervista, peraltro tra i più felici esempi del genere, “Il cinema secondo Sonego” (Transeuropa, 2000), “Il cervello di Alberto Sordi” è secondo la definizione del suo autore, il “remake” del suo lavoro più importante. Infatti è quanto mai difficile per gli studiosi di cinema discernere le fortune e i successi di pubblico di Alberto Sordi dallo sceneggiatore Rodolfo Sonego. I due insieme al compositore Piero Piccioni formavano, infatti, la colonna vertebrale dei maggiori film dell’attore e regista romano. Quasi tutte le sue maschere, quelle storie (di un italiano, ripetendo il titolo di un grandissimo programma televisivo letteralmente inventato da Sordi) hanno un tramite comune nella biografia e nella vicenda artistica di Sonego. Quando, nel 2007, Sanguineti tira fuori dagli inediti di Sonego il “Diario australiano” per la biblioteca minima della raffinatissima Adelphi si sa che di lui è stato oltre che il biografo ufficiale, uno dei suoi amici più fidati. Otto anni dopo, questo smilzo librettino che registra la cronaca del viaggio australiano dello sceneggiatore alla ricerca di luoghi e personaggi che andassero bene per il film che Luigi Zampa stava cercando di realizzare per Sordi e Claudia Cardinale, cioè “Bello, onesto, emigrato in Australia sposerebbe compaesana illibata”, consegna un frammento di quei materiali a chiave che in modo espanso e rimontato andranno a comporre la vita cinematografica e quotidiana di Sonego. Solo leggendo il “diario” si comprende come vita e cinema per ogni singolo sceneggiatore, regista, produttore, attore erano un tutt’uno con la propria quotidianità. Allora, c’erano produttori che per fare film non s’accontentavano di storie con quattro sedie e un tavolo, ma spingevano i loro contrattualizzati a girare spesati per il mondo alla ricerca dell’idea giusta. Solamente che pochi erano a conoscenza che quel viaggio rappresentò per lo sceneggiatore un ritorno al passato. Alla sua giovinezza quando la madre gli leggeva ad alta voce le lettere che il padre spediva alla famiglia proprio dall’Australia. Nato nel bellunese nel ’21, l’infanzia e giovinezza di Sonego si muove per l’Italia seguendo come tanti coetanei dell’Italia fascista sogni di gloria per affrancarsi dall’esistenza povera e misera dei genitori. Il padre, emigrante, era un contadino che una volta inurbato a Torino diventerà operaio della Fiat. Mentre il figlio trova in un bisticcio di coincidenze una libertà propria nella Liberazione del paese dal nazifascismo. Da qui, partirà la carriera di Sonego: un’ottantina di film, centinaia di copioni, migliaia di idee scodellate ai più importanti registi della commedia all’italiana. Il tutto in circa una quarantina di anni di attività. Impossibile, citare in questo spazio, i lemmi dedicati agli attori, ai registi, ai singoli film, agli aneddoti, alle fisime di Sordi (l’episodio accaduto in Svezia durante una cerimonia del Nobel del ’63,”alla garibaldina” e da “imbucati” è esilarante) come resta imprescindibile sottolineare le postille sanguinetiane che riconducono la narrazione di Sonego al tempo presente. Purtroppo, per ironia della sorte, lo sceneggiatore non vedrà l’imponente lavoro a lui dedicato; morirà pochi mesi prima che Sanguineti pubblicasse “Il Cinema secondo Sonego”. Quindici anni fa.