Della senatrice Tatjana Rojc, nata in un paese del Carso che si affaccia sul golfo di Trieste, scrittrice e critica letteraria, docente universitaria, si è detto che è «un’intellettuale prestata alla politica». Qualche giorno fa è stata inseguita e intervistata da tutti i tg per il suo passaggio dal gruppo del Pd a quello degli «Europeisti» per far nascere la nuova formazione che, altrimenti, non avrebbe avuto il numero minimo di 10 senatori.
«Infatti, e ho raccontato quello che è avvenuto: Zingaretti mi ha fatto la proposta e ho accettato perché una crisi di governo in questo momento di assoluta difficoltà per l’Italia è una jattura e il rischio di consegnare il Paese alla destra mi risulta intollerabile».

Appartenere alla comunità slovena ed essere senatrice, quanto questo ha inciso nella sua scelta?

Certo, c’è stato anche questo. La nostra minoranza, stando alla Costituzione, dovrebbe essere tutelata. C’è molto da fare per un senatore, anche su questo, perché parliamo di diritti che stentano ancora a realizzarsi e con l’ultimo governo avevo trovato interlocutori attenti, ci si era incamminati su un percorso che mi dava molta speranza.

A proposito di rappresentanza politica, per esempio, in Italia non c’è nessuna legge che la garantisca.

C’è l’art. 26 della Legge 38/2000 dove dice che «lo Stato si impegna a facilitare» l’elezione di due parlamentari, uno alla Camera e uno al Senato. Come ho detto in Aula pochi giorni fa, quando la presidente Casellati ha concesso ben tre minuti tre a ogni gruppo per ricordare il centenario del Partito comunista, per primo e unico è stato il Pci ad accogliere uno sloveno nelle sue liste così da realizzare almeno in parte quell’auspicio. Uno sloveno può sedere in Senato solo «per gentile concessione» insomma.

In Slovenia invece sono garantiti per legge i seggi in Parlamento per le minoranze riconosciute.

Certo, e anche in Croazia. Si pone un problema di reciprocità, tanto rivendicata ma poi… Comunque questo è stato argomento anche di incontri bilaterali e Di Maio ci ha più volte rassicurati. Abbiamo fatto un grande lavoro, con tutte le associazioni slovene, per poter presentare una proposta accettabile da inserire nella nuova legge elettorale. Una proposta che, oltretutto, cerca di responsabilizzare la comunità slovena, di renderla più partecipe alla politica potendosi scegliere il rappresentante da mandare in parlamento. Abbiamo cercato una soluzione che potesse essere accolta anche dalla sinistra che non ha mai visto di buon occhio una connotazione esplicitamente etnica e su questo anch’io sono d’accordo anche perché temo la ghettizzazione, ma una soluzione tecnica andava trovata una volta per tutte. Con il presidente Conte abbiamo avuto colloqui proficui: ha sempre dichiarato di avere a cuore la tutela delle minoranze e l’ha ribadito anche nel suo ultimo intervento in Senato. Anche per questo mi spaventa l’idea di perdere interlocutori che già si sono dimostrati attenti e temo un governo di destra perché non sarà certo sensibile a questi temi e rischiamo passi indietro davvero drammatici.

Con l’attuale legge elettorale, il taglio dei parlamentari e il ridisegno dei collegi, per le minoranze il futuro sembra molto difficile.

Altroché: in Friuli Venezia Giulia le ricadute sono state particolarmente pesanti. Mi sono opposta al taglio dei parlamentari come ho potuto, poi con Debora Seracchiani abbiamo presentato un emendamento per aggiungere un seggio destinato alla minoranza in Regione. Le argomentazioni che ho sentito in aula da parte della destra sono state rabbrividenti. Se la legge non cambia e soprattutto se il Paese va in mano alla destra possiamo ben dire che la minoranza slovena perde la possibilità di ogni rappresentanza politica. Per questo spingo perché si concluda questa legislatura e perché si riformi la legge elettorale.

Poi c’è la questione del Narodni Dom a Trieste, incendiato dai fascisti nel 1920 che si pensa essere stato restituito alle minoranze ma che di fatto non lo è. Tutti ricordiamo i Presidenti italiano e sloveno, Mattarella e Pahor mano nella mano l’anno scorso e l’occasione dell’incontro era innanzitutto suggellare l’accordo sulla Casa degli Slavi…

Mancano alcuni passi burocratici ma, soprattutto, manca una modifica della legge di tutela che anche su questo è troppo vaga. La proprietà della Fondazione che è stata formata ad hoc deve essere trascritta. C’è stata la sottoscrizione di un protocollo, c’erano i Presidenti ma anche quattro ministri. Il governo Conte sa bene di cosa parliamo e quali impegni si è preso e vuole portare a termine. Sì, anche questo mi fa temere l’arrivo di un governo ostile.

Insomma, quello che teme di più sono eventuali nuove elezioni.

Certamente. La situazione del Paese è drammatica e non possiamo permetterci di perdere altro tempo in balletti e scaramucce. Ho aderito al gruppo degli europeisti perché è il momento della responsabilità e poi, sì, perché sono slovena e non posso accettare che la strada intrapresa venga interrotta.