Nuovo rettore, vecchio stile. Anche il magnifico Rosario Rizzuto sbarra il portone d’ingresso al Bo, simbolo della libertà nell’Ateneo, e fa blindare da carabinieri e Digos ogni accesso. È urticante la protesta che invoca «Università libera e accessibile per tutti», perché Padova mette su un piatto della bilancia il “merito” alla sussidiarietà (più o meno ciellina) e sull’altro gli aumenti delle tasse.

Con ‪#‎EsciLeRette‬ era partita da una settimana la campagna che faceva il verso ai selfie con reggiseno e soprattutto apriva una vera e propria vertenza. «I nuovi parametri per il calcolo dell’Isee hanno sempre più limitato la possibilità di ottenere borse di studio: un’Università per ricchi. E il costo delle tasse è insostenibile: prima e seconda retta sono aumentate fino al 70%. Chiediamo una sanatoria per l’anno scorso e la revisione dei parametri» spiegano gli studenti.
Alla fine, una delegazione è stata ricevuta dal rettore che ha ascoltato più che prendere impegni. Così dal 15 febbraio nell’ufficio di Rizzuto arriveranno i “Mav esorbitanti” che servono a compensare il calo delle immatricolazioni, qualche corso o Master in palese difficoltà senza dimenticare la “zavorra” delle mega-operazioni immobiliari.

Il bilancio di previsione 2016 indica la cifra di 610 milioni di euro come soglia di parità, che di fatto corrisponde al patrimonio netto dell’Ateneo già pronto però ad investire altri 33 milioni in opere edilizie. L’altra faccia della medaglia è rappresentata dall’eredità dell’Orto Botanico post-Expo, dalle delicate compartecipazioni a Fondazioni in ambito sanitario, dai nuovi Centri d’Ateneo con un orizzonte a senso unico.

E il rettore-medico è già spalle al muro proprio nell’altra vera grande “fabbrica” di Padova: la sanità pubblica. A settembre il test d’ingresso a numero chiuso per la laurea magistrale in Medicina prevede solo 320 posti invece di 400. L’ultima parola spetta al ministro Stefania Giannini, devota non solo al Meeting di Rimini. Ma resta il fatto che Padova così certifica l’agonia della formazione d’eccellenza. Tanto più che il governatore leghista Luca Zaia si era speso pubblicamente a sostegno degli aspiranti medici che nell’autunno 2014 erano stati riammessi dal Tar del Lazio: «Gli studenti chiedono un’Università aperta a tutti, diritto allo studio uguale per tutti e selezione rigidissima fatta sugli esami, sulle medie voto, in una parola sulle capacità dimostrate, non in base ad insulsi quiz. Con il numero chiuso si rischia, anzi si è certi, che giovani meritevoli vengano esclusi semplicemente dal caso».

Un paradosso sintomatico dei rapporti fra Regione e “baroni” in camice bianco, soprattutto in vista del nuovo ospedale che assorbirà il policlinico universitario…