Non è un caso che l’abolizione della tassa sulla prima casa sia una di quelle misure che piace a destra. Oltre a essere profondamente iniqua è, calcolatrice alla mano, più vantaggiosa per i ricchi. Ma c’è un altro aspetto su cui la posizione di tutti gli organismi nazionali e internazionali è unanime. Da anni non si stancano di ripetere a Berlusconi prima, come a Renzi adesso: è una misura inefficace, che non rilancia la crescita dell’economia. La pensava così anche Pier Carlo Padoan, l’attuale ministro dell’Economia. Da vice segretario generale dell’Ocse Nel 2010, con Berlusconi al governo, sosteneva che «le tasse che danneggiano di meno la crescita sono quelle sulla proprietà, come l’Imu, mentre le tasse che, se abbassate, favoriscono di più la ripresa e l’occupazione sono quelle sul lavoro».

Una tesi molto cara a Lorenzo Codogno, professore di economia alla London School of Economics ma, soprattutto, per nove anni capo-economista proprio del ministero guidato adesso da Padoan, e primo estensore dei contenuti dei Def. Oggi l’economista, da Londra, dichiara al manifesto che «le tasse sulla casa sono le meno distorsive, fanno meno male all’economia rispetto ad altre forme di tassazione», come evidenziato da tutti gli studi economici. «In particolare – prosegue Codogno – sono molto meno no negative delle tasse sul lavoro, che in Italia sono particolarmente elevate, sia per i lavoratori che per le imprese». Ricorda, inoltre, come l’abolizione della tassa sulla prima casa non sia una misura equa, per molte ragioni, ma soprattutto «perché non ne beneficia chi la casa non ce l’ha».

C’è poi un altro aspetto di iniquità che l’economista sottolinea e che riguarda, non tanto il fatto che l’abolizione non tiene conto del valore patrimoniale della casa – al momento interesserebbe tutte le tipologie, dal monolocale alle ville fino ai castelli – quanto quello legato ai servizi. Infatti, i servizi di cui usufruisce a livello locale un appartamento di 300 metri quadrati, non sono gli stessi nel caso di un piccolo appartamento o di un monolocale. Per questo motivo, prosegue Cadogno «sarebbe giusto che l’intera tassazione sulla casa, non solo quella relativa al suo valore, ma anche quella sui servizi venisse parametrata al valore stesso dell’immobile».

Ma quello che tutti gli organismi internazionali contestano è soprattutto la capacità di far ripartire l’economia, grazie all’abolizione di questa tassa. Dall’Fmi al Ocse, dalla Banca d’Italia alla Corte dei Conti tutti concordano che, come anche le raccomandazioni del Consiglio europeo continuano a ripetere, l’unico modo è quello di «trasferire il carico fiscale dai fattori produttivi ai consumi, ai beni immobili e all’ambiente, nel rispetto degli obiettivi di bilancio». Perché, come dimostra anche un rapporto dell’Ocse, spostare sui consumi e sulla casa l’1% di tassazione sul lavoro, significa, nel lungo periodo, una crescita aggiuntiva tra lo 0,25% e l’1%.

Gli unici ad essere contenti, ovviamente, sono i costruttori. Dall’Ance, che crede che una misura di questo tipo possa essere «la cura anticrisi che finora è mancata», alla Fiaip (Federazione italiana degli agenti immobiliari), la quale denuncia un’ingerenza dell’Europa sulle scelte del governo italiano. Giorgio Spaziani Testa, presidente della Confedilizia si spinge oltre, dichiarando che «semmai è insufficiente ridurla solo sulla prima casa».

Ma anche in questo caso Codogno non ha dubbi. Pur riconoscendo che il settore immobiliare rappresenta un asset produttivo molto importante per l’economia, rimane convinto che abolire la tassa sulla prima casa non aiuterebbe la crescita sostenibile e duratura del settore che, al contrario, può verificarsi solo attraverso «una ripresa del reddito e soprattutto del risparmio». «E questo – prosegue l’economista, oggi a capo anche della Lc Macro Advisors, una società di consulenza che si occupa di analisi macroeconomiche – può avvenire soltanto se riparte l’intera economia, capace di modificare la situazione reddituale degli italiani».

Quanto, infine, alle risorse è ormai chiaro che è intenzione del governo aprire un confronto serrato con la Commissione europea. Lo stesso ministro dell’Economia, in un’intervista al Messaggero, dopo aver rivendicato la decisione di abolire la tassa sulla prima casa – «è una scelta che ha una logica precisa» – ribadisce che il confronto con la Commissione «si basa sulla strategia  indicata nel Def» che «è confermata». Insomma, il governo tira dritto.

Di tutt’altro avviso l’ex capo economista del ministero, Codogno, che avverte: «L’Italia non può chiedere all’Europa un allentamento dei vincoli fiscali per tagliare le tasse sulla casa. Questo sarebbe difficilmente accettabile per Bruxelles». Inoltre, conclude, se la scelta del governo fosse questa, «si va nella direzione opposta rispetto a quelle che sono le raccomandazioni europee».