Resta esplosiva la situazione in Libano dove si allargano e diventano più violente le manifestazioni di protesta cominciate due giorni fa in seguito alla approvazione di tasse sull’uso delle applicazioni di messaggistica, come Whatsapp, e di un’imposta sulle sigarette. Il governo ha previsto inoltre un aumento dell’Iva al 15% entro il 2022.

Migliaia di persone hanno inondato anche ieri le strade del centro di Beirut e di altre città tra cui Tripoli, Tiro e Baalbek al grido di «Ladri, ladri». Manifestazioni così ampie non si registravano dal 2015, durante quella che divenne nota come la crisi dei rifiuti. Ieri sera non era chiaro il bilancio degli incidenti tra dimostranti e polizia. Si parlava di un morto e decine di feriti, secondo altre fonti due lavoratori stranieri sono rimasti uccisi nell’incendio di un palazzo avvenuto in circostante non chiarite.

I provvedimenti contestati sono stati ritirati su richiesta del primo ministro Saad Hariri ma il passo indietro non ha bloccato le manifestazioni che si sono trasformate in una protesta ampia contro il carovita e la politica economica che rischia di travolgere l’esecutivo di cui fa parte anche il movimento sciita Hezbollah. Parlando alla nazione, Hariri ieri sera ha detto di concedere 72 ore di tempo ai partiti politici per risolvere la crisi in corso e ha chiesto ai partner di governo di sostenere il suo piano di riforme.

Le condizioni di vita della maggior parte dei libanesi sono peggiorate sensibilmente negli ultimi anni, di pari passo all’aumento del costo della vita e della disoccupazione vicina al 40%. Il governo ha scarsi margini di manovra e non appare in grado di fare molto per aiutare la popolazione. Il Libano ha il terzo debito più elevato al mondo, pari a circa 86 miliardi di dollari che è il 150% del suo Pil.