La Commissione Europea non è così convinta della Legge di Stabilità presentata dal governo, in particolare sulla politica fiscale. La posizione della Commissione è nota: occorre ridurre la pressione fiscale su lavoro e imprese. Il governo italiano, invece, da un lato agisce sulla riduzione delle imposte sugli immobili, al netto delle ultime correzioni di ieri su case di lusso e castelli, dall’altro prefigura una riduzione delle tasse, più o meno generalizzata, attraverso l’innalzamento dell’indebitamento (deficit) al 2,2-2,4% del Pil.

Se prendiamo per buone le tabelle fornite dal governo, la manovra (espansiva) di 27 mld, quella da 29 mld è poco credibile qualora la flessibilità europea legata agli immigrati fosse utilizzata per ridurre le tasse alle imprese, è del tutto evidente l’intento politico-mediatico: riduciamo le tasse per rilanciare il paese. Come al solito possiamo ingannare i cittadini italiani, ma la Commissione Europea è un osso duro. Le politiche europee prefigurano e alimentano la «stagnazione secolare», compromettendo lo sviluppo economico dell’area euro, la critica dovrebbe fondarsi su idee e progetti, ma non possiamo raggirare le «istituzioni» con dei trucchi contabili. Intendiamoci, la crescita del deficit da 1,4 a 2,4% del Pil è un aspetto positivo, ma spacciarla per riduzione delle tasse è un po’ troppo. La Commissione Europea più o meno sostiene che: se proprio volete aumentare il deficit, allora riduce le imposte su lavoro e le imprese.

Sebbene la Legge di Stabilità per il 2016 indica una riduzione di imposte per un valore di quasi 23 mld – Inu e Tasi, decontribuzione per neo assunti a tempo indeterminato, super ammortamenti e disinnesco delle clausole di salvaguardia (17 mld) -, teoricamente rappresentano quasi l’80% della manovra, qualcosa si nasconde dentro la scatola nera della Legge di Stabilità.

Qualche maggiore entrata in realtà c’è: 2 mld di capitali dall’estero, 1 mld di imposte sui giochi. Quindi la riduzione delle tasse non è proprio di 23 mld, piuttosto di 20, ma il punto non è questo. C’è qualcosa di più serio. Il calo delle tasse millantato dal governo è fondata sull’ipotesi, a legislazione vigente, di un aumento di Iva e accise, legata alla clausola di salvaguardia pari a 17 mld di euro. Concordo con F. Daveri: «l’eliminazione delle clausole di salvaguardia è un pericolo scampato, non una riduzione di imposte in essere. Difficile credere che qualcuno abbia anticipato al 2015 l’acquisto di un bene durevole per non pagare l’Iva aumentata nel 2016».

In altri termini, la Commissione non apprezza il gioco delle tre carte fatto dal governo. Padoan metterà una toppa, ma le clausole di salvaguardia non scompaiono, piuttosto si spostano nel tempo. Personalmente avrei utilizzato il deficit aggiuntivo per industrializzare la ricerca pubblica e realizzare nuovi investimenti per sostenere la crescita del Pil, ma non avrei mai raggirato l’Europa in questo modo. Ma qui entriamo nel terreno della politica economica necessaria per far crescere il Paese.