Boris Johnson ha finito di scherzare e di dare spintarelle o consigli per gli acquisti. Con l’accorato annuncio alla nazione di lunedì sera, anche la Gran Bretagna – dopo un lugubre balzo in avanti di ottantasette i decessi a ieri raggiungevano quota 422, mentre i casi confermati superavano gli 8mila –, si è data una tardiva mossa verso il lockdown: la chiusura, coercitiva, del paese, dopo che il parlamento ha approvato al volo (in un solo giorno, adesso l’iter è passato alla camera dei Lord) e senza alcuna opposizione il Coronavirus Bill, la legge che investe il governo di pieni poteri che resteranno in vigore per 2 anni. Proteggiamo il servizio sanitario, ha detto esibendo una serietà oscillante verso il panico il premier, stiamo a casa.

Solo che è più facile dirlo che farlo, soprattutto a Londra, che guida l’esiziale tabellone dei contagi a quota 2.500. Ieri mattina la metropolitana – da qualche giorno ormai a servizio ridotto – appariva come di rito piena di viaggiatori senza mascherine o guanti, accalcati o seduti l’uno accanto all’altro, trasgredendo la distanza minima di due metri prescritta a chi non può fare a meno di uscire. Ieri il ministro della Sanità Matt Hancock – succeduto a Jeremy Hunt in uno degli n rimpasti governativi pre-Brexit – ha a sua volta tenuto un’inquietante conferenza stampa virtuale con domande che gli venivano rivolte dai giornalisti attraverso uno schermo.

Ha reiterato il fatto che quelle dell’autoisolamento sono regole, non richieste: non si deve uscire se non per fare la spesa, per ragioni mediche, per fare un breve esercizio fisico una volta al giorno o se si lavora. Ogni altro assembramento che superi le due persone è bandito. Ma visto l’andazzo, è probabile che le misure siano ulteriormente inasprite. Regna una certa confusione su chi deve restare a casa e chi no per. In Inghilterra, Irlanda del Nord e Galles i lavoratori delle costruzioni vanno avanti e provateci voi a imporre un distanziamento sociale di due metri nei cantieri.

Ma nella Scozia di Nicola Sturgeon i cantieri li hanno chiusi, salvo che non stiano costruendo degli ospedali, come vorrebbe anche il sindaco di Londra Sadiq Khan (tra il sindaco e il governo c’è un inspiegabile e perdurante gelo: reo di essere succeduto a Johnson alla guida della capitale, Khan non è stato mai invitato ai meeting strategici, pomposamente denominati Cobra, convocati per la risposta all’epidemia).
La realtà è che si è ancora riluttanti a tirare il freno di emergenza sull’economia, non è peregrino sospettare anche in virtù di delle robuste donazioni fatte al partito conservatore dal settore edilizio.

Molti lavoratori che non considerano il proprio settore essenziale sono stati obbligati dai datori di lavoro – possiamo chiamarli padroni o non usa più? – ad andare lo stesso, pur sapendo che la distanza di due metri è quasi sempre poco più di una pia illusione. Un’altra ambiguità è l’individuazione dei “lavori chiave,” che soddisfino il doppio requisito di essere indispensabili e di non poter essere svolti da casa. Su quali siano esattamente, a parte naturalmente il personale medico e paramedico, il governo ancora non ha fatto luce. Sono regole fatte dopo esser state imposte.Hancock ha annunciato il ritorno al servizio di 35mila tra medici, infermieri in pensione o laureandi e l’apertura prossima, manu militari, di un nuovo ospedale temporaneo a Canary Wharf, East London, presso il colossale spazio fieristico denominato Excel: conterrà quattromila posti letto.

Sarebbero imminenti l’arrivo di milioni di tamponi (i test vengono fatti ancora solo a chi ha sintomi) e di migliaia di ventilatori. In un chiaro affondo a Khan, ha sollecitato la metropolitana a riprendere servizio pieno per evitare rischi di sovraffollamento. E ha reso nota l’apertura di un bando per 250mila volontari che possano svolgere servizi primari di assistenza sanitaria nei confronti di anziani e persone in autoisolamento. Nel frattempo ci si aspetta che il ministro delle finanze Rishi Sunak annunci delle misure per sostenere i cinque milioni di freelancer rimasti senza lavoro.