Il giorno dopo l’investitura, il nuovo ad dell’Ilva Spa, Enrico Bondi, è sceso a Taranto per varcare i cancelli del più grande siderurgico d’Europa. Ha visitato l’area a caldo dove sorgono gli impianti inquinanti interessati dalle prescrizioni dell’Autorizzazione integrata ambientale: altiforni, cokerie, agglomerato e parchi minerari. A presentarlo a quadri e dirigenti, è stato il presidente Ferrante. Parlando ai presenti, Bondi ha definito l’Aia un punto di partenza, azzardando come l’intento della proprietà sia quello di fare «ancora meglio». E ribadendo l’impegno per la salvaguardia dell’occupazione. Bondi ha definito l’incarico affidatogli «un’avventura nella quale credo molto». Concludendo con un vecchio slogan dell’Ilva: «Dobbiamo impegnarci tutti a fare sempre meglio sul piano della qualità, della sicurezza e dell’ambiente». E che si sia entrati in una nuova era, lo testimonia anche quanto dichiarato da Ferrante sull’imminente separazione dell’Ilva Spa dal gruppo Riva Fire: «A breve cambierà il logo dello stabilimento e sparirà la scritta Riva Fire».

Intanto la procura ha rigettato l’istanza presentata mercoledì dai legali Ilva, nella quale si chiedeva il dissequestro dei prodotti finiti e semilavorati, presentata poche ore dopo il pronunciamento della Consulta che martedì ha sancito la costituzionalità della legge 231/2012, la cosiddetta «salva Ilva». Due i motivi della bocciatura: primo, la sentenza non è stata depositata perché finora la Corte ha emesso un semplice comunicato stampa. Secondo, l’istanza va inoltrata alla gip Patrizia Todisco, in quanto era stata la giudice ad avere sospeso il giudizio sulla vicenda in attesa della decisione della Consulta, oltre ad aver presentato ricorso sulla legittimità costituzionale della legge. Intanto, da Roma, arrivano le parole del presidente della Corte costituzionale, Franco Gallo, che nella conferenza stampa tenuta a Palazzo della Consulta, in merito alla pronuncia sulla legittimità delle norme varate da governo e Parlamento, ha dichiarato che «siamo convinti che l’infondatezza completa era la risposta da dare alle questioni sollevate dai magistrati di Taranto. Nelle motivazioni vedrete come abbiamo affrontato la questione».

Domani, invece, è il giorno del referendum consultivo sull’Ilva. Promosso nel 2007 dal comitato Taranto Futura, passato dalle forche caudine del Tar di Lecce (dopo i ricorsi di Ilva, Confindustria, Cgil e Cisl), salvato dal Consiglio di Stato, osteggiato dal Comune (il sindaco ha protratto a lungo l’iter burocratico), la consultazione referendaria arriva nel momento più caldo della vicenda Ilva, dividendo ancora una volta la città. Dei 5 quesiti originari, i tarantini nelle schede ne troveranno 2 (dichiararsi favorevoli o contrari alla chiusura della sola area a caldo o quella totale dello stabilimento). Cgil, Cisl, Uil e Confindustria hanno confermato il no. I partiti si sono divisi tra chi invita a disertare le urne (Pd), chi lascia libertà di voto (Pdl), chi propone scheda bianca (Prc), chi propende solo per la chiusura dell’area a caldo (Sel). Spaccatura anche nel mondo dell’agricoltura (no da Coldiretti, sì da Confragricoltura), scetticismo e indecisione tra comitati cittadini e ambientalisti. Insomma, grande è la confusione sotto il cielo di Taranto.