Taranto è pronta a vivere il suo Primo maggio. Di lotta. E di diritti. Conquiste che dovrebbero essere acquisite, ma che ancora oggi vengono negate a tutte le latitudini. Non è un «contro Primo maggio», come in tanti lo hanno definito. O un «contro concertone». Non è Taranto contro Roma. Semplicemente perché la città dei Due Mari rappresenta oggi il luogo migliore dove parlare e confrontarsi sul lavoro e i temi ad esso legati. Il comitato «Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti», insieme all’attore tarantino Michele Riondino, hanno scelto infatti uno slogan fin troppo chiaro: «1° Maggio di lotta – sì ai diritti, no ai ricatti. lavoro? ma quale lavoro?!». Una giornata all’insegna della politica dal basso e della musica. Saranno presenti artisti locali e nazionali, e tantissimi movimenti che lottano ogni giorno in Italia per la riappropriazione dei propri diritti. Una giornata di denuncia e confronto incentrata sulla crisi del lavoro che coinvolge tutta la nazione. Il tutto rigorosamente gratuito.

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Alla domanda «Perché a Taranto?», gli organizzatori hanno risposto che l’obiettivo è dare un segnale forte: «Ribaltare le sorti di un sistema che continua a stuprare il territorio, disseminando veleni che provocano danni irreversibili alla salute ed all’ambiente, facendo leva sul ricatto occupazionale». Taranto è l’emblema di decenni di politiche industriali devote soltanto alla logica del profitto. La città ionica, nonostante la presenza dell’Ilva, dell’Eni, della Cementir, della Marina Militare, «ha il 40% di disoccupati, precarietà diffusa, devastazione sociale: effetti della colonizzazione industriale e militare _ denunciano gli organizzatori –. Svilupperemo la tematica della giornata attraverso musica, dibattiti, laboratori e giochi per bambini, proiezioni, installazioni, autoproduzioni artigianali e altro». Ad essere “occupata”, sarà l’area del Parco Archeologico del quartiere Solito-Corvisea, una delle poche aree verdi della città, a molti sconosciuta nonché abbandonata, che vede la presenza di importanti testimonianze storiche, come i resti del circuito murario di età greca che proteggeva i quartieri orientali della città. «La gestione dell’area – dicono dal comitato – oggi è affidata all’impegno e alle “buone pratiche” di associazioni, giovani, anziani, residenti e fruitori che si impegnano per ridarle vita. Noi ci impegniamo a salvaguardare gli sforzi compiuti fino ad oggi».

Certamente, alla base della scelta, ci sono anche ragioni politiche. E sindacali. Il comitato, nato il 2 agosto dello scorso anno quando entrò con il famoso Apecar all’interno della piazza principale della città, interrompendo il comizio dei sindacati confederali mentre sul palco parlavano Susanna Camusso, Maurizio Landini, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, da mesi è in forte contrasto con i sindacati nazionali e le segreterie locali. «Taranto è l’unico luogo in cui abbia senso parlare di lavoro: una città cavia, pattumiera, sacrificata ad una logica industriale assurda, al ricatto occupazionale. O mangi o respiri, o lavori o respiri. L’unico posto dove i diritti mancano. E dove, a livello pratico e simbolico, non si è fatto assolutamente nulla. Nulla la politica, nulla l’informazione. E nulla hanno fatto i sindacati», ha dichiarato l’attore Michele Riondino. Frasi forti che rappresentano un malessere ed una rabbia diffuse. Ma se è vero che la politica e i sindacati, e parte della stampa locale, hanno colpe immense, è altrettanto vero che a Taranto, ci sono persone (anche nelle stampa locale) che da anni denunciano, singolarmente o all’interno di associazioni e comitati, il dramma e gli effetti dell’inquinamento, così come le responsabilità politiche e sindacali. Come è altrettanto vero che Taranto sia piena di persone che, magari lontano dalle tematiche ambientali o del lavoro, ogni giorno nel proprio campo rendono questa città migliore.

Ecco perché quella di oggi, da parte del comitato liberi e pensanti, è una vera e propria chiamata alle armi pacifica. Il dibattito che si terrà dalla mattina a poco prima dell’inizio del concerto, e che vedrà la partecipazione di associazioni e comitati locali, ha come obiettivo proprio quello di provare ad unire in un unico fronte compatto, spaccati di una stessa realtà da troppo tempo in conflitto tra loro. E lo si proverà a fare anche e soprattutto ascoltando le esperienze di comitati di lotta presenti in altre realtà. «Si darà voce a chi veramente vuole rappresentare le problematiche che stanno logorando la città e la sua popolazione. La semplice partecipazione di chiunque voglia fare qualcosa».

La parola attorno alla quale il tutto dovrà ruotare, è il lavoro: inteso però soprattutto come diritto da riconquistare e creare lontano dai paradigmi dell’attuale società capitalista. Valorizzando le risorse naturali che un territorio come quello di Taranto può offrire. Per un giorno quindi si proverà a mettere da parte il dolore e la rabbia accumulati per decenni. Le malattie e le morti. L’inquinamento della terra, del mare e dell’aria. Si proverà a mettere il primo tassello di un percorso che sarà inevitabilmente lungo e complesso. Ma un intero sistema industriale sta lentamente crollando ed è destinato a scomparire. Resteranno gli uomini con le loro idee. È da essi che si dovrà ripartire. Un altro mondo, un’altra Taranto è ancora possibile.