L’Italia aprirà altri due hotspot: lo si legge nella terza relazione della Commissione Ue su ricollocamenti e reinsediamenti. Uno dei quattro hotspot italiani, operativo dal 17 marzo, è a Taranto e il 12 e 13 maggio la Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema di accoglienza dei migranti, presieduta dal Federico Gelli, ha visitato il centro, situato presso il Varco Nord del porto, mai come oggi vera “porta” del Mediterraneo. Porta, però, che lascia entrare ma difficilmente lascia uscire nei tempi previsti dalla legge. Al centro della missione, il modello organizzativo, le procedure di identificazione, l’importante ruolo svolto dai mediatori culturali e le condizioni di trattenimento dei migranti. Al termine della visita, Gelli ha dichiarato che «la gestione dell’hotspot di Taranto non presenta particolari criticità, ma bisogna fare in modo che questi centri svolgano il loro ruolo di identificazione, fotosegnalazione e smistamento e non si trasformino in centri di permanenza». Il problema è proprio questo. Ad esempio la permanenza dei migranti eritrei soggetti a «ricollocazione europea” arrivati il 6 maggio si è protratta oltre le 72 ore previste, perché in attesa di essere ricollocati al Cara (Centro di accoglienza richiedenti asilo) di Bari, sprovvisto di posti disponibili.
L’hotspot di Taranto è gestito dal Comune – situazione per la commissione «anomala ma positiva» – con il coordinamento della Prefettura e il supporto delle associazioni di volontariato. Finora sono arrivati 2.381 migranti. Coloro che hanno chiesto asilo e protezione internazionale sono stati smistati nei centri Cara e Cas (Centri di accoglienza straordinaria).
Taranto è da sempre città accogliente, solidale, amante dei forestieri. Nelle città dei Due Mari, la solidarietà verso i migranti non è mai mancata. Tante sono le associazioni di volontariato impegnate in questo campo. Nei giorni scorsi la deputata tarantina Donatella Duranti (Sinistra Italiana), dopo aver ricevuto risposta dal sottosegretario agli Interni Manzione all’interpellanza sulla situazione dell’hotspot (presentata con la collaborazione dell’associazione Babele affiancata da Arci, Asgi e la campagna Lasciateci Entrare), ha espresso preoccupazione «per la continua lesione dei diritti fondamentali che il sistema hotspot genera. Le nostre previsioni sono state confermate». Il sottosegretario ha infatti dichiarato che «i migranti vengono trattenuti per il tempo necessario»: ovvero anche oltre le 72 ore. Violando l’articolo 13 della Costituzione che vieta il prolungamento del fermo senza un provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria.
Centrale, da anni, anche l’impegno della Campagna Welcome portata avanti da volontari e associazioni. «Abbiamo visto donne e uomini disorientati, vagare per le strade senza meta. Migranti respinti, senza un posto dove dormire e mangiare, senza assistenza. Contestiamo la selezione dei migranti, in violazione del diritto di accesso alla richiesta di protezione internazionale, che è invece soggettivo e individuale e le singole procedure di selezione e differenziazione».
Da lunedì invece, nel Centro Interculturale Nelson Mandela di Taranto, sono iniziate le attività dello Sportello Arcobaleno, spazio di ascolto per migranti Lgbt coordinato da Arcigay. Perché tra i richiedenti asilo vi è chi è stato costretto a fuggire dal paese d’origine perché discriminato per la propria sessualità. E la scorsa settimana la Talsano Africa United, squadra tarantina di calcio giovanile composta da richiedenti asilo politico, nata da un’idea di una società locale, dall’associazone Salam e da un consigliere comunale, ha vinto il campionato provinciale juniores.
La via dell’accoglienza e dell’integrazione è ancora molto lontana. Ma non a Taranto.