Un altro colpo alle politiche salviniane. Il decreto sicurezza non è retroattivo. E quindi i migranti che si sono visti riconoscere il diritto ad accedere al sistema di accoglienza mantengono il posto nelle strutture e non possono essere espulsi.
Lo stabilisce una pronuncia del Tribunale amministrativo del Veneto accogliendo il ricorso di un migrante che aveva ottenuto la protezione umanitaria prima del 5 ottobre 2018 – data di entrata in vigore del primo decreto Sicurezza voluto da Salvini – e che si era visto negare l’accesso all’accoglienza in una struttura Sprar (oggi Siproimi).
Il Tar del Veneto si rifà alla recente sentenza della Cassazione (la numero 29460 del 13 novembre 2019) che ha sancito l’irretroattività del decreto sicurezza e sottolinea come «nel caso in cui la protezione umanitaria è già stata riconosciuta al richiedente asilo non può essere eliso un beneficio – la prestazione delle misure di accoglienza – collegato a detto riconoscimento».
Il decreto Sicurezza aveva sostituito la rete Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) con il nuovo e più limitato Siproimi (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati). Il cambio di acronimo nasconde il fatto che l’accesso al sistema di accpglienza ora è riservato solo ai titolari di protezione internazionale e a i minori stranieri non accompagnati. La limitazione non vale per i titolari di permesso di soggiorno per tutta una serie di tipologie di migranti – vittime di violenza o tratta, vittime di violenza domestica, motivi di salute, vittime di sfruttamento lavorativo, calamità, atti di particolare valore civile – ma si tratta di pochi casi e molto difficili da provare e dimostrare alle amministrazioni giudiziarie.
Il nuovo sistema di protezione Siproimi poi è assai ridotto anche perché è costituito solo dalla rete degli enti locali che decidono in maniera volontaria di partecipare alla realizzazione di progetti di accoglienza integrata accedendo nei limiti delle poche risorse disponibili al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo.
La sentenza del Tar arriva a pochi giorni dal 31 dicembre: data in cui dovrebbe cessare l’accoglienza per migliaia di migranti titolari di protezione umanitaria.
Le due sentenze – Cassazione e Tar del Veneto – danno la possibilità a tutti coloro che rischierebbero di essere espulsi dalle strutture di fare ricorso entro la fine dell’anno. In questo senso le associazioni si stanno mobilitando per permettere al più alto numero di migranti possibile di presentare il ricorso.
Il 20 dicembre una circolare del servizio centrale che gestisce il Siproimi, emanata su indicazione del Viminale, disponeva l’uscita dalle strutture delle persone con permesso umanitario il 31 dicembre. Ma lo stesso Viminale specificava che sono state avviate «iniziative tese a supportare i comuni per la presa in carico dei migranti mediante il finanziamento di progetti con i fondi Fami (Fondo asilo migrazione e integrazione, cofinanziati dall’Unione europea) a cui i Comuni dovrebbero poter accedere per procrastinare l’accoglienza. Ma anche il responsabile immigrazione dell’Arci Filippo Miraglia denunciava il rischio di «diverse migliaia di persone rimandate per strada».
Il Partito della Rifondazione comunista attacca Salvini e l’attuale ministro dell’interno. «Il Tar del Veneto dà torto a Salvini e Lamorgese: alla faccia dello Stato di diritto i decret dell’ex ministro sono stati applicati con valore retroattivo negando il rinnovo della protezione umanitaria e cacciando dai centri di accoglienza i migranti. E la nuova ministra non li ha per nulla modificati».