Si può essere ebreo e premier di un paese, Israele, che da decenni sostiene di essere una ‎risposta all’antisemitismo e allo stesso tempo essere amico e alleato di un leader della destra ‎che ha elogiato Miklos Horthy a capo dell’Ungheria durante la ‎seconda guerra mondiale ‎quando 600mila degli 800mila ebrei del paese furono sterminati dai nazisti. Sembra di sì ‎almeno se si tiene conto dell’atteggiamento di Benyamin Netanyahu. Oggi il primo ministro ‎israeliano si prepara a ricevere con grandi onori il premier ungherese Viktor Orban. Un ‎benvenuto che conferma come la destra israeliana al potere stia rafforzando i legami con la ‎destra europea più xenofoba e islamofoba in nome della “ragion di stato”, in questo caso i ‎rapporti eccellenti con Budapest. Appena qualche giorno fa Netanyahu era finito sotto accusa ‎per la dichiarazione congiunta fatta con il premier polacco Moriawecki sulla legge approvata ‎da Varsavia che di fatto assolve la Polonia da ogni responsabilità nei crimini perpetrati dai ‎nazisti. La Polonia come l’Ungheria e altri paesi dell’est europeo, è importante per tenere a ‎freno le condanne delle politiche israeliane da parte dell’Ue o degli organismi internazionali.

‎ La visita di uno dei maggiori esponenti del populismo dilagante in Europa ha generato ‎qualche mal di stomaco in Israele. Una manifestazione di protesta accoglierà Orban oggi ‎quando si recherà in visita al museo dell’Olocausto e non è escluso che avvenga altrettanto al ‎Muro del Pianto a Gerusalemme. Non ha usato mezzi termini la leader del partito di ‎centrosinistra Meretz, Tamar Zandberg, sottolineando che ‎«chi elogia i leader che hanno ‎collaborato con i nazisti, chi perseguita le organizzazioni per i diritti civili e l’opposizione nel ‎proprio Paese, non è il benvenuto‎». Il quotidiano liberal Haaretz con articoli e analisi ha ‎espresso il disappunto di tanti per gli onori riservati a Orban. Ma Haaretz pur essendo un ‎giornale autorevole non è il più diffuso e non rappresenta la maggioranza degli israeliani. Più ‎rappresentativo è Israel HaYom, vicino a Netanyahu, che in un articolo di benvenuto ieri ha ‎omaggiato Orban, affermando che la diplomazia ungherese sostiene le posizioni di Israele e ‎persino che il governo magiaro ha a cuore i sopravvissuti alla Shoah. ‎

‎ D’altronde anche settori della società non legati alla destra, tra precisazioni e qualche presa ‎di distanza, sottolineano che Orban è un sincero alleato di Israele e che questo conta molto, ‎più delle accuse che gli vengono rivolte. Shimon Schiffer, opinionista del giornale centrista ‎Yediot Ahronot, di origine ungherese e con parte della famiglia sterminata dai nazisti, ‎rispondendo ieri alle nostre domande non ha tracciato un quadro negativo di ‎Orban. ‎«Conosco personalmente il premier ungherese, è un leader importante, un grande ‎amico di Israele, che dice delle cose poco piacevoli ma senza dubbio realistiche sui migranti» ‎ci spiegava «il suo elogio di Miklos Horthy non lo condivido e spero che Netanyahu ‎pubblicamente prenda posizione contro di esso». Secondo Schiffer la comunità ebraica ‎ungherese, tra dubbi e critiche, comunque non boccia del tutto Orban.‎

‎ Che l’auspicio di Schiffer per le parole che pronuncerà oggi Netanyahu si realizzi è pura ‎fantascienza. Il premier israeliano non ha alcuna intenzione di creare intoppi al leader ‎dell’Ungheria, paese che si astiene piuttosto che votare contro Israele all’Onu. Come lo scorso ‎dicembre all’Assemblea generale delle Nazioni Unite che ha condannato condannato gli Usa ‎per aver spostato la propria ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme. Oppure due mesi fa ‎quando la Commissione Onu per i diritti umani ha votato per istituire un comitato investigativo ‎sulle stragi di palestinesi lungo il confine tra Gaza e Israele. E il governo Netanyahu ricambia ‎con piacere, come ricordava ieri Barak Ravid, analista della tv Canale 10, facendo ‎riferimento all’impegno di Israele per aprire all’Ungheria le porte della Casa Bianca. Infine, ma ‎non per importanza, Orban e Netanyahu hanno un nemico in comune, George Soros, ‎miliardiario ebreo che mostra troppe simpatie per i migranti diretti in Europa e per il rispetto ‎dei diritti umani.