Denis Verdini colleziona processi lenti. Molto lenti. Quello con l’imputazione di bancarotta aggravata per il crack della Società toscana di edizioni (Ste), che pubblicava il Giornale della Toscana, inizierà il 14 marzo 2017. Fra circa un anno, e ben tre anni dopo il fallimento, sancito nel febbraio 2014. Le indagini sul crack erano state chiuse un anno dopo, e c’è voluto un altro anno per l’udienza preliminare. Una udienza chiusa ieri dal gup Limongi che ha mandato a processo con Verdini, socio di maggioranza e amministratore di fatto della Ste, anche il suo braccio destro Massimo Parisi, deputato eletto nel Pdl ed oggi in Ala, che era l’ad. Poi il principe Girolamo Strozzi Guicciardini, presidente del cda della Ste dalle origini, nel 1998, fino al 2012. Infine Enrico Luca Biagiotti, membro del cda, e Pierluigi Picerno, amministratore e poi liquidatore della società.
Secondo il pm Luca Turco e gli investigatori della Finanza, fra le tante Verdini e Parisi già nel 2005 si erano appropriati ciascuno di 1,3 milioni di euro della Ste, “che già si trovava – annota Turco – in uno stato di grave difficoltà”, vendendole le quote di un’altra società, la Nuova Toscana Editrice, di cui detenevano il 40% e che aveva un capitale sociale di soli 62mila euro. A seguire, nel 2009, la compagna e un collaboratore di Flavio Carboni, Antonella Pau e Giuseppe Tomassetti (non indagati), versarono alla Ste un acconto da 800mila euro per le stesse quote della Nuova Toscana Editrice che in origine erano di Verdini e Parisi. “Tale operazione – tira le somme Turco – era priva di valida ragione economica, essendo la stessa stata effettuata solo al fine di rendere definitiva l’attribuzione della somma di 2,6 milioni di euro a Verdini e Parisi”.
Di fronte all’accusa di aver spolpato la Ste quando la società era in difficoltà, e non averne chiesto il fallimento già nel 2009, il difensore di Verdini, Marco Rocchi, ha controbattuto parlando di “bancarotta riparata”, ed ha aggiunto: “Si dimentica che la società ha avuto più di un decennio di vita, grazie a cospicui versamenti dei soci per la ricapitalizzazione, in particolare proprio dal senatore Verdini”. Per certo la Ste aveva una consistente esposizione debitoria verso il Credito cooperativo fiorentino, la banca – anch’essa fallita – del leonino Denis. Di più: l’indagine sulla bancarotta è figlia dell’inchiesta sulla Ste (e società collegate) che pubblicavano altre testate a Firenze, per truffa allo Stato sull’assegnazione di fondi all’editoria per nove anni e almeno 10 milioni, sequestrati con l’ok della Cassazione. “Ma non sono un diavolo – si difende Verdini – sono un appassionato di editoria”. Impagabile.