Governare il caos di un primo ascolto sanremese – 24 brani in una manciata di ore – è sempre complesso. Specialmente quest’anno, visto che le scelte del nuovo direttore artistico Amadeus sono molto più sfaccettate e «bulimiche» rispetto alle ultime edizioni della kermesse canora. Ma tracciare qualche percorso forse è possibile, a partire dai generi musicali che sembrano andare per le maggiore e che rispecchiano i gusti personali del conduttore, come lui stesso ha dichiarato al termine del pre-ascolto per la stampa. Non è dunque forse un caso che l’impronta delle sonorità anni ’80 sia il colore musicale più frequente, visto il passato radiofonico di Amadeus.

A PARTIRE da Me ne frego di Achille Lauro – dove prosegue la sua evoluzione musicale abbeverandosi questa volta di una disco-rock che ricorda Umberto Tozzi -, passando per Bugo e Morgan, su un tappeto di synth alla Depeche Mode (Sincero), fino a Irene Grandi che con la sua Finalmente io, scritto da Vasco Rossi e Gaetano Curreri, sembra rinverdire i fasti della Tina Turner di The Best. Anche il rap/trap s’impossessa dell’Ariston, con i brani forse più dirompenti e politici di questa edizione: Junior Cally è il più diretto e tra le righe della sua corrosiva No grazie emergono le figure di Salvini e Renzi («Il liberista di centro sinistra che perde partite e rifonda il partito»), Anastasio invece sfoga tutto il suo furore in Rosso di rabbia mentre Rancore, con la complessa e potente Eden, parla di Iraq e Siria.

AMPIO spazio anche a ritmi sudamericani ma, se Elettra Lamborghini gioca in Musica (E il resto scompare) su terreni già conosciuti, con un occhio alla hit Festival di Paola e Chiara, sorprendono i ritmi brasiliani di Raphael Gualazzi che con la sua Carioca farà ballare tutti. La sana, vecchia tradizione sanremese non poteva mancare: Alberto Urso è l’Andrea Bocelli 2.0 e, non a caso, la sua Il sole ad est che parla di «onde che portano navi per mare» sembra omaggiare Con te partirò; Tosca – nonostante la sua voce possieda i colori più cangianti fra quelle ascoltate – emoziona con Ho amato tutto, una ballad per pianoforte iper classica ma di sicura commozione mentre Marco Masini (Il confronto) e Michele Zarrillo (Nell’estasi o nel fango)garantiscono quel pop rock familiare che ha presa sicura.

E I TESTI? Purtroppo la sensazione è che, rispetto agli ultimi festival, si stia tornando alle leziosità di Beniamino Gigli: delude Giordana Angi che in Come mia madre semplifica forse un po’ troppo il rapporto filiale, Paolo Jannacci invece dedica alla figlia Parlarti adesso mentre il Gigante di Piero Pelù altri non è che il nipotino nato un paio d’anni fa. Le sorprese? Su tutti Diodato, che in Fai rumore dimostra ha una classe e una freschezza di composizione rara, seguito da Elodie e la sua Andromeda, scritta da Mahmood e Dardust, brano moderno, potente e di sicura presa radiofonica, e infine Rita Pavone che fa esplodere in Niente (Resilienza 74) la sua vocalità con un brano, scritto dal figlio, ballabile, grintoso e al passo coi tempi.