Le Regioni hanno tentato in ogni modo di stoppare, o almeno ammorbidire, il Dpcm annunciato durante il pranzo della domenica da Giuseppe Conte. Tra le richieste inviate dal presidente della Conferenza delle regioni, il governatore dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, una riguardava anche i test: «Destinare i tamponi (molecolari o antigenici) solo ai sintomatici e ai contatti stretti (familiari e conviventi)». La proposta, fortemente caldeggiata dal presidente del Veneto Luca Zaia, mira ufficialmente a «rendere sostenibile il lavoro delle Asl/Regioni in tempo di emergenza riducendo il carico di lavoro dovuto alle difficoltà nel contact tracing». Molti però hanno letto nella richiesta dei governatori il tentativo di limitare i test e dunque anche i casi positivi rilevati, una strategia tentata negli Usa anche da Trump. Il Dpcm non ha affrontato il nodo, preferendo aprire un bando nazionale per reclutare duemila “tracciatori” e aiutare le Asl. Il tema rimane dunque aperto.

NON CONDIVIDE LA LINEA di Zaia e Bonaccini l’epidemiologo Pierluigi Lopalco, impegnato in prima linea contro il Covid. Docente all’università di Pisa, Lopalco ha dapprima guidato l’unità di crisi incaricata di gestire la risposta alla pandemia in Puglia, su incarico del presidente Emiliano. Dopo l’elezione di Lopalco in consiglio regionale alle amministrative di settembre, lo stesso Emiliano sei giorni fa lo ha nominato assessore alla salute e al welfare.

Lopalco condivide l’obiettivo di Bonaccini dal punto di vista organizzativo: «Anche la decisione di eliminare il doppio tampone a fine quarantena e di ridurre a 10 giorni il periodo di isolamento – spiega – serve a semplificare il carico di lavoro per i dipartimenti di prevenzione. I dipartimenti devono concentrarsi su ciò che è utile per bloccare il contagio. Le risorse sono quelle che sono, quindi dobbiamo utilizzarle al meglio». Però la proposta di Zaia e Bonaccini non lo convince dal punto di vista della sanità pubblica. «Se si pensa di limitare i tamponi ai soli sintomatici non sono d’accordo. Paradossalmente, i sintomatici sono quelli che hanno meno bisogno di un tampone, perché vanno comunque in isolamento e non c’è nemmeno bisogno della conferma». Dunque sarebbe sbagliatissimo smettere di cercare il virus tra i suoi contatti. «La misura importante di sanità pubblica è fare al più presto il tampone ai suoi contatti, perché nel momento in cui trovo un contatto positivo devo attivare il secondo cerchio, e trovare i contatti dei contatti positivi. Su questo bisognerebbe concentrare il 100% delle forze. Finché è possibile, è necessario proseguire con le indagini epidemiologiche per identificare i colleghi di lavoro, i partecipanti a una festa e gli altri contatti in quelle situazioni che negli ultimi tempi hanno alimentato l’espansione del contagio».

IN MOLTE REGIONI però questo tracciamento è saltato. «Il problema – ammette l’epidemiologo – è quando i numeri iniziano a diventare troppo alti». E come lo si risolve? «Si dovrebbe trovare una modalità organizzativa che metta in campo più risorse» spiega. «Potremmo coinvolgere nei test i medici di medicina generale, o quantomeno integrarli nel sistema di tracciamento. Però il trovare precocemente un asintomatico positivo è fondamentale se vogliamo abbassare la curva dei casi».

IL FRENO AL TAMPONE chiesto dalle Regioni potrebbe avere anche un altro obiettivo: frenare il consumo di kit diagnostici e reagenti, che ai ritmi di consumo attuali potrebbero non durare a lungo. Il commissario straordinario Domenico Arcuri ha consegnato undici milioni di tamponi sui quattordici milioni eseguiti finora. Ma negli ultimi mesi la distribuzione dei kit non ha tenuto il ritmo del consumo: in ottobre, sono stati fatti quasi quattro milioni di tamponi, mentre la struttura di Arcuri ne ha consegnati solo un milione e mezzo. In alcune regioni si sta pensando di razionalizzare i test anche per questo motivo, ma attualmente è un problema di secondaria importanza, secondo Lopalco. «In Puglia non avvertiamo questo problema. Per ora noi abbiamo capacità di laboratorio molto ampia. Per noi il collo di bottiglia è rappresentato dal personale che deve eseguire il prelievo dei campioni».