Franco Locatelli è uno dei massimi esperti mondiali di trapianti di cellule staminali e di immunoterapie oncologiche. Dal 2019 presiede il Consiglio Superiore di Sanità, l’organo di consulenza tecnico-scientifica del ministero della Salute. In questa veste è membro del Comitato Scientifico su cui conta la protezione civile per valutare le misure da mettere in campo contro l’epidemia di nuovo coronavirus. Riuscire a parlarci è molto difficile, perché governo e tecnici sono in riunione quasi permanente per aggiornare ordinanze e studiare nuovi provvedimenti.

Che ruolo sta svolgendo in questo momento il Comitato Scientifico?
Il comitato contribuisce in maniera determinante alle scelte che spettano in ultima istanza al decisore politico. C’è grande attenzione e grande ascolto rispetto alle indicazioni che diamo. La situazione è in evoluzione in termini di incremento del numero dei contagi e le misure riportate nel decreto del presidente del consiglio dei ministri ha lo scopo di contenere la diffusione del contagio, per cercare di ridurre il numero dei soggetti che hanno bisogno di terapia intensiva. Se riusciamo a spalmarli sul tempo il problema è gestibile. Altrimenti diventa difficile offrire una risposta adeguata dal sistema sanitario. E questo nonostante l’epidemia si sia verificata soprattutto in situazioni regionali con un sistema sanitario in ottima efficienza come Lombardia.

Tra le indicazioni che avete dato, alcune riguardano i soggetti da sottoporre a tampone. Quali sono?
Abbiamo dato l’indicazione chiarissima di effettuare i tamponi solo sui soggetti che mostrano i sintomi che indicano una possibile infezione da Ccovid-19. Se un paziente si presenta con una cosiddetta una sindrome da stress respiratorio acuto, è opportuno effettuare il test. Se invece un paziente manifesta dei sintomi ma si tratta semplicemente di febbre o dolori ossei, allora per effettuare il test è necessario rilevare o un legame epidemiologico con un potenziale contatto, o una provenienza da un’area geografica dove c’è una diffusione dell’infezione virale. Per altro, l’indicazione che abbiamo dato è la stessa che è stata poi confermata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

[do action=”citazione”]Come pediatri dobbiamo stare attenti ai bambini più fragili, come i malati oncologici o sottoposti
a trapianti di cellule o di organo e che soffrono di immunodeficienza congenita[/do]

Trova opportune le nuove restrizioni che sono state introdotte dal governo?
Sì, come comitato scientifico avevamo chiesto di rinforzare le misure precedenti. Questa non è una situazione emergenziale che possa essere gestita solo a livello istituzionale ma riguarda ogni singolo cittadino di questo paese. Ognuno di noi deve assumere comportamenti responsabili per contenere la diffusione del contagio virale, dal lavarsi le mani a starnutire senza contaminare altri soggetti, dal mantenere la distanza di almeno un metro a evitare di andare al pronto soccorso quando si ha una febbre o sintomi respiratori, e chiamare piuttosto il medico di famiglia. La situazione richiede davvero lo sforzo di un intero paese. Prendere tutte le precauzioni del caso in questo periodo è una misura del rispetto che portiamo non solo verso noi stessi ma soprattutto verso gli altri, in primo luogo nei confronti delle categorie di pazienti più deboli, fragili o suscettibili.

L’epidemia sembra meno aggressiva nei confronti dei più piccoli. Da pediatra, come spiega questo dato?
È vero, non più dell’1-2% dei soggetti contagiati hanno un’età inferiore ai 18 anni. Questo è stato rilevato in vari studi cinesi e dai dati che vengono elaborati dall’Iss. È possibile che in età pediatrica esista una sorta di protezione incrociata. Il Sars-Covid-2 non è l’unico coronavirus. È noto che i coronavirus possono dare sintomatologie delle alte vie aeree, quelle che chiamiamo comunemente raffreddori. I bambini, in virtù di queste infezioni più frequenti, possono essere più protetti. Più di uno studio inoltre documenta che non solo l’età, ma anche e soprattutto le patologie concomitanti determinano i maggiori livelli di gravità della malattia, fino ai decessi. Per questo aspetto, i bambini per definizione hanno un vantaggio. Come pediatri dobbiamo stare attenti alle cosiddette categorie di bambini più fragili, come quelli con malattie oncologiche o sottoposti a trapianti di cellule o di organo e che soffrono di immunodeficienza congenita.

È in corso uno studio sull’intera popolazione di Vo’ Euganeo, ed è il primo al mondo di questo tipo. Vi aspettate indicazioni interessanti?
Ci servirà per imparare quali sono le direttrici lungo cui si è diffuso il contagio o potrà insegnarci quali azioni di confinamento possano essere utili per prevenire la diffusione del contagio. Stiamo affrontando una situazione completamente inedita. Siamo di fronte a un’infezione nuova, che sta assumendo dimensioni significativamente più larghe rispetto a altre come Sars o Mers. Dobbiamo essere più attenti possibili e andare a studiare ogni fenomeno che può insegnarci qualcosa.