Un po’ mossa elettorale per provare a frenare il boom dei Verdi nei sondaggi, un po’ risposta obbligata alla sentenza della Corte costituzionale che ha ordinato al governo di riscrivere da cima a fondo la legge sul Clima. In ogni caso il piano annunciato ieri dal vicecancelliere Olaf Scholz e dalla ministra dell’Ambiente Svenja Schulze segna il cambio di paradigma, almeno sotto il profilo dei numeri: «La Germania raggiungerà la neutralità climatica entro il 2045 con il taglio delle emissioni di CO2 del 65% (rispetto ai valori del 1990, ndr) entro il 2030».

Per ora si tratta solamente di una bozza, visto che i passaggi-chiave per raggiungere il nuovo obiettivo devono ancora essere concordati con Cdu e Csu. Tuttavia, a sentire la ministra Schulze «l’esecutivo è unito, quindi la revisione della legge sul Clima potrebbe essere approvata dal consiglio dei ministri già entro la prossima settimana».

Non a caso la cancelliera Angela Merkel ha puntualmente dettato la nuova linea ai delegati dell’Union ieri riuniti in un vertice on-line: «Faremo il possibile per centrare la neutralità climatica con cinque anni di anticipo rispetto al target attuale» è l’imperativo categorico di “Mutti” che non vuole passare alla Storia come colei che ha ipotecato il futuro delle nuove generazioni, come accusano i giudici della Corte suprema dopo avere accolto il ricorso di Fridays For Future.

Per questo motivo, oltre all’obiettivo finale, il suo governo promette anche che «la riduzione delle emissioni di CO2 dell’88% sarà raggiunta non oltre il 2040».

Piano ambizioso eppure «fattibile» assicurano al ministero dell’Ambiente, dove tengono pure a precisare che sono già in corso «intensi colloqui» fra i tre partiti del governo per mettere a punto «un nuovo pacchetto sul Clima incardinato sulla maggiore giustizia intergenerazionale e più sicurezza sulla pianificazione dell’economia». Né più né meno di ciò che ha imposto in punta di diritto il tribunale di Karslruhe dando tempo a governo, parlamento e consiglio dei Land di «riformulare gli obiettivi iniziali ampiamente insufficienti» entro la fine del 2022.

Da qui la tabella di marcia basata sulla riduzione dei gas serra del 25% rispetto ai valori del 1990 entro il prossimo decennio «dato che attualmente la Germania fa già registrare il 40% in meno di CO2 rispetto a trent’anni fa» come ricorda la ministra Schulze. Confermando la fattibilità tecnica del passaggio dal 55% al 65% di emissioni in meno entro il 2030 e il raggiungimento della neutralità climatica nel 2045 anziché nel 2050.

Il problema, casomai, rimane prettamente politico. In attesa di capire come far collimare il rinnovato ambientalismo del governo con le esigenze del capitalismo renano (ben rappresentato dal segretario Cdu, governatore del Nordreno-Vestfalia e candidato cancelliere Armin Laschet) vale la pena registrare il «consiglio» dei referenti istituzionali del libero mercato. A partire dal segretario del partito liberale, Christian Lindner, che accoglie «con favore i nuovi e ambiziosi obiettivi climatici» prima di criticare la Germania per «l’iniziativa unilaterale sganciata dall’approccio comune dell’Unione europea».