È lo stesso Movimento 5 Stelle che appena qualche settimana fa ha difeso con i denti ogni incarico da ministro, vice ministro e sottosegretario, lo stesso capo politico che era pronto a far saltare tutto pretendendo per sé un posto di adeguato prestigio, sono proprio loro che adesso celebrano il taglio dei parlamentari come un colpo alla «casta» e una vittoria contro «sprechi, inefficienze e privilegi», cioè contro «i politici in parlamento». E devono fare uno sforzo enorme il Pd e Leu per non vedere tutto l’antiparlamentarismo che c’è in questa riforma costituzionale con la quale hanno accettato di battezzare la nuova maggioranza e il governo che deve frenare il populismo di Salvini. Il capo della Lega ha confermato il suo partito voterà questa legge, come ha sempre fatto. Invece è la prima volta per Pd e Leu: dopo tre voti contrari nelle precedenti letture, ieri in commissione affari costituzionali alla camera hanno detto sì alla riduzione secca da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori elettivi. Insistendo negli interventi sulle necessarie garanzie costituzionali di contorno e sulle modifiche ai regolamenti delle camere che devono, come da accordi, accompagnare la riforma.
«Contestualmente» era scritto nel programma al punto 10 (è diventato il primo), eppure all’approvazione definitiva della riforma manca pochissimo (sarà in aula il 7 e si voterà l’8 ottobre) e non c’è ancora nulla di concreto. Si lavora a un incontro tra i capigruppo dei partiti di maggioranza da tenersi tra domani e giovedì. Nell’ipotesi migliore, questo vertice dovrebbe dare il via ad alcuni emendamenti comuni al disegno di legge costituzionale sull’abbassamento dell’età per votare al senato, legge approvata a fine luglio dalla camera e adesso in commissione a palazzo Madama.
È quello il «treno» individuato per arricchire di contenuti il taglio secco dei parlamentari, anche per lasciare aperto uno spiraglio alla possibilità di accoppiare i referendum confermativi delle due riforme (ma dovrebbe essere la stesa maggioranza, alla Renzi, a chiederli). Ma è tutto ancora molto evanescente, tant’è che ieri sera Di Maio è tornato a insistere sull’introduzione del vincolo di mandato: la vorrebbe come la prossima (e coerente) riforma costituzionale, ben sapendo che gli alleati sono tutti contrari. Il capo grillino ha anche annunciato un disegno di legge costituzionale per far votare i sedicenni, progetto che va in collisione diretta proprio con la legge sull’elettorato passivo per il senato che è lo strumento individuato da Pd e Leu per condurre in porto le «garanzie».
Queste «garanzie» sono tre o quattro modifiche alla Costituzione, non tutte coerenti tra loro. La prima è la modifica della base elettorale per il senato, che oggi è regionale e dovrebbe diventare pluri regionale o nazionale come per la camera. Il ritocco serve a garantire un diritto di tribuna alle forze politiche più piccole, la cui rappresentatività è penalizzata dalla riduzione del numero dei parlamentari. La seconda modifica, in contraddizione con la prima, prevede di consentire ai presidenti di regione di partecipare alle sedute del senato e votare quando si discutono leggi che riguardano l’autonomia differenziata. Bisognerebbe poi ridurre il peso dei delegati regionali nell’elezione del presidente della Repubblica. Infine verrebbe introdotta la sfiducia costruttiva, da votare ogni volta – così come la fiducia iniziale al governo – in seduta congiunta di camera e senato.
La sfiducia costruttiva è stata pensata come contraltare di stabilità a una nuova legge elettorale proporzionale, a sua volta necessaria per ridurre l’impatto del taglio dei parlamentari sulla rappresentanza. Ma, a testimonianza che tutto è ancora molto confuso, Zingaretti ieri ha annunciato di voler addirittura «combattere contro ogni ipotesi di proporzionale puro». Per entrare nel vivo della legge elettorale bisognerà aspettare. E anche l’indispensabile riforma dei regolamenti di camera e senato, per il giorno in cui si taglieranno i parlamentari vedrà al massimo una data di convocazione delle giunte che potranno iniziarne a discutere. Ai presidenti Fico e Casellati è stata appena inoltrata la richiesta.