E ora la ministra della Salute Beatrice Lorenzin prova a scaricare sulle sole regioni la responsabilità dei tagli agli esami clinici coperti dal Ssn. Ma il presidente della Conferenza delle Regioni non ci sta, e inizia a incrinarsi anche il fronte unico dei governatori, rispetto a quella che appare come una vera «controriforma».

«L’obiettivo è risparmiare per reinvestire dove è necessario, in quelle cure che ci chiedono i cittadini. Dalle Regioni, che hanno fortemente voluto queste norme, mi aspetterei che intervenissero per spiegare alle persone il perché dobbiamo fare questo salto culturale», si difende la titolare della Salute pubblica, in una intervista a quotidianosanita.it, dopo che gli ordini dei medici e i sindacati ospedalieri hanno annunciato la mobilitazione generale e lo sciopero già a novembre contro la lunga lista di test clinici, arrivata a 208 voci, contenuta nel decreto governativo in via di definizione sull’«appropriatezza» delle prescrizioni mediche.

Sergio Chiamparino fa un salto sulla sedia, alle parole di Lorenzin: «L’atteggiamento del ministro della Salute non mi sembra corretto e soprattutto non ci fa andare da nessuna parte. Se si sono condivise delle scelte lo si è fatto insieme – ribatte il presidente della Conferenza delle Regioni – Io potrei allora dire: bastava non togliere i due miliardi alle Regioni, di questo passo si fa la corsa del gambero. Potrei dire che Lorenzin non ha voluto che si intervenisse su altri capitoli. Le verifiche sull’appropriatezza sono necessarie e lo dicono i medici stessi. Ma è sbagliato scaricare il problema sugli altri per ragioni di consenso». «Poi – aggiunge il governatore del Piemonte – se il ministro ha delle idee su come cambiare la norma lasciandone inalterate le finalità di lotta all’ inappropriatezza, figuriamoci se non siamo disposti ad un confronto».

Che sia stata una decisione condivisa non ci piove. E lo conferma anche il coordinatore degli assessori regionali alla Salute, Sergio Venturi, titolare della Sanità regionale dell’Emilia-Romagna: «La decisione è frutto di un’intesa tra ministero e regioni, non ha quindi senso rigirarsi la colpa a vicenda». Difficile, comunque, aggiunge Venturi, esprimere una posizione senza avere «davanti un testo»: «L’unico che abbiamo visto è quello uscito sulla stampa».

In effetti, l’intesa sui tagli alle prescrizioni «inappropriate» – che sarebbero lievitate negli ultimi anni a causa della cosiddetta «medicina difensiva», fino a costare circa 13 miliardi l’anno alle casse dello Stato – è stata siglata all’inizio di luglio in Conferenza Stato-Regioni. Però non tutti i governi regionali sono fortemente convinti della bontà del provvedimento. Già in quella riunione dove la Conferenza siglò il Patto della salute di quest’anno, l’accordo sul testo che riduce di 2,352 miliardi il fondo sanitario per il 2015 venne trovato senza il consenso del Veneto, il cui rappresentante lasciò il tavolo. Venturi però insiste: «Sul fondo sanitario la posizione delle regioni è unanime. L’accordo raggiunto prevede un aumento di 3,3 miliardi per 2016».

Eppure la manovra inserita nel decreto sugli enti locali di luglio scarica pure sulle Regioni l’onere di predisporre il sistema di verifica e di sanzioni per quei medici che non rispetteranno i paletti governativi imposti alla prescrizione dei 208 esami clinici contenuti nella “lista Lorenzin”. Un modo, secondo la ministra della Salute, per combattere la cosiddetta «medicina difensiva», ma che i camici bianchi hanno definito nocivamente «repressivo». Per placare le loro ire, è intervenuto ieri il sottosegretario Vito De Filippo: «Il decreto non può essere fatto mai contro medici e non mi pare che nei vari passaggi il ministro Lorenzin abbia sbagliato di un millimetro: la bozza è stata presentata alle organizzazioni, poi è stato chiesto un parere al Consiglio superiore della sanità e poi riproposto il testo ai medici».

Eppure il mondo della medicina insiste: gli sprechi nella sanità si annidano, sì, nell’inappropriatezza delle prescrizioni, ma anche, spiega ad esempio l’Assobiomedica, «in una normativa sui Lea obsoleta e non aggiornata» e «nelle modalità di erogazione e trattamento delle prestazioni troppo diverse da regione a regione».