Il governo ha ritirato l’emendamento Varrica (Cinque Stelle) contro 48 testate indipendenti, cooperative, locali e i giornali di idee, ma il sottosegretario all’editoria Vito Crimi (M5S) promette di ripresentare una misura che taglia circa 60 milioni di euro e mette a rischio circa 2 mila posti di lavoro. «Sarà ripresentato al Senato perché c’è bisogno sul tema di un ulteriore approfondimento – ha detto Crimi – C’è bisogno di una rimodulazione della progressività delle riduzioni e per interventi specifici per il settore delle edicole. Il taglio dei contributi diretti ci sarà, nessun passo indietro come abbiamo sempre detto, ma con attenzione e in maniera corretta».

I concetti di «approfondimento», «rimodulazione» e «progressività» sembrano essere i primi effetti di un’ampia campagna di opinione che ha attraversato l’editoria indipendente, i sindacati e anche la maggioranza del governo. La Lega, con il deputato Alessandro Morelli, si è opposta all’emendamento. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è intervenuto ben sette volte a difesa, tra gli altri, dei quotidiani delle minoranze linguistiche. La Federazione Nazionale della Stampa (Fnsi) e il consiglio dell’ordine dei giornalisti ieri hanno chiesto di eliminare del tutto il testo «per evitare che vadano a segno altri tentativi, peraltro annunciati, di penalizzare il mondo dell’informazione». Di «blitz d’ispirazione totalitaria» e di «attacco alla libertà di stampa» ha parlato il Pd con Deborah Serracchiani.

Il settore oggi regolato dal «fondo per il pluralismo», è già stato ampiamente modificato dalla riforma del settore che entrerà in vigore da gennaio. La cancellazione del fondo sarà un premio del governo agli oligopoli che dominano un mercato già sbilanciato, e in crisi.