«Stüdia, stüdia», diceva la nostra insegnante di italiano al liceo a chi osava rabberciare risposte orecchiate. Lo diceva con quella u presa dal dialetto locale per farci capire che lo studio fa bene a tutti, e tutti possono studiare, sia chi a scuola c’è andato poco, sia chi non ci va più da tempo, anzi loro anche di più, perché dovrebbero sapere come si fa, a studiare, e soprattutto dovrebbero aver capito che più studi, più scopri di non sapere e che l’imparabilità è infinita.
Mi è venuta in mente la brava professoressa del liceo proprio in questi giorni in cui tanti parlano, parlano, e sproloquiano, e sentenziano, e scrivono cadendo sovente in un bel numero di castronerie in fatto di storia, ma anche di logica temporale.

TRE ESEMPI. Il primo è preso da un quotidiano romano su cui in un articolo che parla di Odessa si scrive che il film La corazzata Potëmkin ha come protagonista Paolo Villaggio e che racconta l’eccidio che romeni filonazisi compirono nel 1941 uccidendo e deportando 35mila civili, fra cui una gran parte di ebrei. È veramente stupefacente che un film del 1923 parli di fatti del 1941 e sia interpretato da un attore italiano nato nel 1932. Ma già, quando si confonde il celebre film di Eisenstein con la citazione che ne fa Villaggio (alias Fantozzi) ne Il secondo Tragico Fantozzi (1976) quando urla «La corazzata Kotiomkin è una cagata pazzesca», che vuoi dire all’autore? Prima «Stüdia, stüdia», poi gli soffi nell’orecchio che Villaggio/Fantozzi nel suo film aveva scritto Kotiomkin e non Potiomkin, che aveva chiamato il regista Einstein e non Eisenstein, e che forse prima di parlare dei film non sarebbe una cattiva idea vederli.
Il secondo esempio viene da un settimanale allegato a un quotidiano nazionale e anche lì il giornalista, una firma eh, scrive «La rivoluzione russa del 1905, l’evento che aveva messo fine al regno degli zar e portato una pur fragile democrazia in Russia, poi abbattuta dal golpe di Lenin». Quindi, qui la rivoluzione è anticipata di dodici anni ed è stata tramortita da Lenin che a questo punto non era a capo di una rivoluzione, ma di un golpe.
Il terzo esempio viene dal TG1 che ha mandato in onda un servizio dalla scalinata di Odessa (sempre lei, deve’essere un’ossessione degli strafalcionisti), dove l’inviato dice «Su questi scalini Odessa si ribellò ai bolscevichi nel 1905. Viene il sospetto che, per documentarsi, abbia letto l’articolo del settimanale sopra citato facendo poi un ulteriore minestrone fra date, bolscevichi e cosacchi.

ORA, già è in corso una guerra dove verificare le notizie è più difficile che mai perché, sia di qua che di là, la propaganda impazza e per gli inviati sul campo il lavoro è durissimo, pericoloso e assai complicato. Già, come molti esperti hanno detto, la prima vittima di una guerra è la verità. Non si sente davvero il bisogno che a tutto ciò si aggiunga l’ignoranza colpevole di chi non ha neanche letto un libro di storia sull’argomento di cui sta parlando o scrivendo.
Anche perché, nel frattempo, sui social si è scatenata la battaglia verbale fra chi pensa di avere la verità in tasca ed è diventato, da un giorno all’altro, un esperto di geopolitica e strategie militari, e magari fino al giorno prima non sapeva nemmeno dove sta il Donbass, o non ha mai ascoltato i Quadri di un’esposizione di Musorgskij che hanno dentro un pezzo che si intitola La porta di Kiev, o magari boicotta Dostoevskij anche se è morto nel 1881, o butta a mare Bulkagov senza sapere che era nato in Ucraina.
Ora più che mai si sente il bisogno di tacere, studiare e poi forse, ma molto forse, parlare.

mariangela.mianiti@gmail.com